The National – Sleep Well Beast

Ci sono quei dischi che anche se venissero ascoltati senza conoscerne il titolo e l’artista verrebbero comunque immediatamente identificati sin dal primo accordo. Perché così funziona per i grandi artisti; possono cambiare genere, sfumare la propria natura contaminandola con nuove inflessioni, diramarsi verso percorsi sonori che non avevano mai intrapreso prima, eppure resta sempre presente in essi quel sapore che li contraddistingue, quel certo non so ché che traspira da ogni singola nota e li rende riconoscibili.

Così è anche per il settimo album in studio confezionato dai The National, senza dubbio una delle punte di diamante più preziose dell’indie rock (quello vero e genuino, nella sua accezione primordiale, senza storpiature alcune). Certo, la band originaria del Cincinnati non stravolge integralmente la propria impostazione, ma tuttavia è chiaro che Sleep Well Beast rappresenti in qualche modo un punto di svolta cruciale rispetto alla loro produzione discografica precedente. Il disco vira verso contaminazioni dal sapore più marcatamente elettronico, tuttavia senza che l’apparato digitale prenda mai il sopravvento rispetto alla matrice essenzialmente strumentale che è nelle loro corde. L’album, uscito a quattro anni di distanza dal capolavoro che è stato Trouble Will Find Me, ne raccoglie la pesante eredità, ma la trasforma in un prodotto inedito, aprendosi verso nuove possibilità che si profilavano già a livello programmatico secondo la necessità di realizzare qualcosa che non suonasse come il seguito dell’album precedente (stando anche alle dichiarazioni del frontman, Matt Berninger, rilasciate qualche tempo prima che uscisse l’album).

Tante aspettative, inutile negarlo, e la voglia di ascoltare qualcosa di nuovo che controbilanciava la paura di imbattersi in contaminazioni eccessivamente forzate. Eppure, eccoli qui, con un album che lascia senza fiato e che trafigge la parte più remota delle nostre anime, lasciandoci inermi e vulnerabili. Questo è il potere al quale ci hanno abituato i National sin dal loro primo album omonimo che risale ormai al 2001. Questa la loro essenza, in bilico tra straziante malinconia, profonda sensibilità e introspezione. Questo, probabilmente, anche il motivo per cui tanto più l’album tocca la parte più intima di ognuno di noi, tanto più, proprio in ragione di ciò, si fa universale manifesto delle crisi esistenziali che ci accomunano tutti. Sleep Well Beast è l’album della svolta, che fa dei cambiamenti un motivo di rinascita e della paura una bestia da tenere stretta al cuore, perché d’altronde è parte integrante di noi stessi. E allora, dopo che le pene ci hanno trovati e raggiunti (libera translitterazione di “Trouble Will Find Me”), a quel punto i National suggeriscono di lasciarci trasportare da tutti i guai che ci attanagliano e convivere con essi, augurandogli persino la buona notte affinché possano lasciarci almeno riposare in pace. È la tregua che si trova in momenti di sconforto, nella consapevolezza che la vita è questa e va affrontata per lo schifo che è. Una flebile speranza, eppure un motivo per stringere i denti e continuare ad andare avanti, nonostante tutto. C’è un po’ di politica (non è un fatto nascosto che i National abbiano attivamente sostenuto le campagne elettorali di Obama prima e della Clinton in seguito), ma soprattutto c’è tutta la passione dei piccoli grandi drammi di coppia (molti pezzi sono stati scritti a quattro mani da Matt con la moglie Carin Basser).

Le dodici tracce che compongono l’album sono un continuo susseguirsi di fluttuanti pulsioni elettroniche che si amalgamano alla perfezione con tappeti sonori intavolati dalle linee strumentali essenziali e mirate, con il pianoforte sempre centrale accordato sulle stesse note della voce inconfondibile di Matt, vellutata quanto pure straziante in certi punti. Su questa scia si apre il disco con “Nobody Else Will Be There”, ma l’atmosfera viene immediatamente stravolta da “The Day I Die”, ritmata da chitarre infuocate e da riff di batteria che ne strutturano la forma. Ma bisognerà arrivare a “Turtleneck” a qualche traccia di distanza per trovare la sezione più accesa e desertica dell’intero album, vicina al rock oscuro e funereo di reminiscenza Nick Cave, con chitarre che stridono e una voce spezzata che lacera i cuori. Tra i capitoli in cui l’apparato elettronico digitale emerge con più preponderanza, bisogna anche citare “Empire Line” che prepara l’atmosfera verso l’incedere frenetico e frastagliato del pezzo che la segue, “I’ll Still Destroy You”, con i suoi synth e una batteria in continua progressione. Spesso però è nella congiunzione tra la fluidità analogica e lo strappo digitale, che sentiamo emergere i National in tutto il loro stile, anche nella loro nuova veste rinnovata versione 2017. “Guilty Party”, ad esempio, è un brano prettamente identificativo, come lo è anche “The System Only Dreams In Total Darkness”, scontro/incontro tra le chitarre acidulate e distorte, l’armonia tenue del piano e le percussioni riverberate nella loro cadenza. Più lente e malinconiche le ballad dal sapore vagamente blues “Born To Beg”, “Carin At The Liquor Store” e “Dark Side Of The Gym”. Mentre invece segna un’ottima chiusura di questo cerchio il pezzo che dà il nome all’album e ne condensa tutta la sostanza, tra l’essenzialità di campionamenti elettronici, una voce biascicata stanca di combattere e i graffi di chitarra che sono quella bestia dell’anima sempre in agguato.

Sleep Well Beast è un album che trafigge nella sua bellezza spoglia e disarmante, trasportandoci con le sue derive sonore verso derive dell’anima in eterna collisione tra malinconia e speranza, tra bisogno di combattere e necessità di arrendersi, tra vivere e sognare. Mentre gli occhi si bagnano di lacrime e il vuoto che portiamo dento inizia a colmarsi. Bentornati National!

 

TRACKLIST:

  1. Nobody Else Will Be There
  2. Day I Die
  3. Walk It Back
  4. The System Only Dreams in Total Darkness
  5. Born to Beg
  6. Turtleneck
  7. Empire Line
  8. I’ll Still Destroy You
  9. Guilty Party
  10. Carin at the Liquor Store
  11. Dark Side of the Gym
  12. Sleep Well Beast

 

A cura di: Francesca Mastracci

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