Apparat, in arrivo in Italia

Un artista a cui sono sempre piaciute le sfide: questo il modo migliore per riassumere Apparat, all’anagrafe Sascha Ring. Grazie a lui, il dancefloor ha (ri)scoperto un’anima: giocare anche sull’espressività, sulle emozioni, su dolci e feroci malinconie, e non unicamente sull’architettura ritmica.

 

24.11 | ROMA – EX DOGANA

25.11 | MILANO – FABRIQUE
Astro Drops – Apparat, Mass Prod, Abstract
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Bisogna iniziare da un piccolo flashback, primi anni del nuovo millennio: essere tedeschi e dedicarsi alla musica elettronica legata ai dancefloor era quasi una conseguenza inevitabile in quegli anni, nonché un vantaggio competitivo – per il solo fatto di gravitare su Berlino, si era già in qualche inevitabilmente cool. Con un corollario però: doveva essere un’elettronica scarna, rigorosa, minimale, quasi ossessiva nel perseguire solo ritmiche dancefloor senza concedersi vie di fuga. Bene: la comparsa di Apparat sulla scena ha cambiato le regole del gioco: grazie a lui melodia ed armonia sono tornato a giocare un ruolo importante tanto quanto quello delle architetture ritmiche.

All’epoca, una piccola rivoluzione. Se ne accorse John Peel, che ancora nel 2004 lo volle inserire in una delle sue “Sessions”. Se ne accorse la reginetta Ellen Allien, che lo pretese al suo fianco nella produzione dell’album “Berlinette” (2003) per poi addirittura co-firmare con lui “Orchestra Of Bubbles” (2006), considerato dal portale Resident Advisor  uno degli album più importanti del decennio. Se ne accorsero in tantissimi, trasformandolo progressivamente in uno dei producer più richiesti del pianeta. “Walls” (2007”) e il super-album “Moderat” (2009) progettato con gli amici Modeselektor non fanno che confermarne la fama, trasformandolo definitivamente in uno degli artisti elettronici più ammirati e amati dai cultori della club culture mondiale.

A questo punto, si poteva anche vivere di rendita, insistere sulla stessa formula ti ha portato da zero al successo globale. Tornano però in campo le sfide: il 2011 vede Apparat virare con feroce convinzione verso territori sonori dove i laptop sono solo uno fra gli elementi possibili. “The Devil’s Walk”, in uscita per la Mute (e con un titolo che è un omaggio al poeta inglese Shelley), è piuttosto perfetto post rock del nuovo millennio, un’utopia possibile dove con l’elettronica Berlinese convivono anche i Sigur Ros e i Mogwai, mentre “Krieg Und Frieden” (2013) è una colonna sonora pensata e costruita per una piece teatrale, con tutta la complessità e l’eleganza che ciò comporta. Tornano comunque in campo anche i Moderat: “II” (2013) e “III” (2016) raggiungono un successo e un’esposizione esponenziale, con tour mondiali senza pausa. Ma in questi tour Apparat  si ritaglia delle pause per dedicarsi al deejaying, regolarmente. Lo fa a modo suo: con piglio, personalità. Conosce perfettamente le dinamiche e gli alfabeti del dancefloor, sa che sono specifici. Conosce e ama le radici della musica elettronica così come oggi la conosciamo, tra gemme old school, schegge acid, grandi aperture di synth e lunghe gallerie emotive oscure ed inquietanti. Anche dietro la console, la sua visione è insomma forte, inconfondibile, unica. Una dote rara, al giorno d’oggi. Davvero rara.

 

APPARAT
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