Campos – Umani, Vento e Piante

Nuova uscita in casa Woodworm Label (etichetta italiana sotto cui sono, solo per citare dei nomi, Motta, Ministri, The Zen Circus e Fast Animals and Slow Kids), che dimostra ancora una volta di non sbagliare un colpo. Il gruppo in questione in realtà è quanto di più lontano dall’essere una band di musicisti alle prime armi. I Campos infatti ne hanno di storia alle spalle e il nuovo album, Umani, Vento e Piante, non è che il coronamento di un percorso iniziato tempo fa e giunto alla sua naturale maturazione.

Il progetto prende avvio a Pisa nel 2011 da un’idea di Simone Bettin (ex bassista dei Criminal Jokers) e Davide Barbafiera (fondatore di Aloch Dischi). Poco dopo, Simone si trasferisce a Berlino dove comunque porta avanti la stesura dell’album a distanza con Davide, coadiuvati dall’aggiunta nel gruppo della bassista australiana Dhari Vij. Anni di spostamenti e peregrinazioni varie portano finalmente nel 2017 all’uscita del loro primo album, Viva (pubblicato per Aloch Dischi in collaborazione con Woodworm), figlio del percorso intrapreso fino a quel momento. Ma in serbo hanno nuovo materiale elaborato sulla scia del primo album che è invece il risultato di un’urgenza espressiva diversa e che li porta, a poco più di un anno di distanza dal lavoro precedente, a far uscire il nuovo Umani, Vento e Piante, dove troviamo anche un cambio di line-up (a Dhari subentra Tommaso Tanzini, altro ex-membro dei Criminal Jokers).

Per la prima volta la band si confronta con una scrittura interamente in italiano (ad eccezione fatta di vari incisi in inglese disseminati nei brani “Take Me Home” e “Madre Moderna”), scelta che nel loro caso risulta sicuramente essere molto azzeccata (e ciò semplicemente in vista di qualche personale piccola riserva sulla pronuncia dei brani in inglese che compongono la track-list di Viva). Dal punto di vista sonoro, invece, l’album è l’espressione dell’essenza della band con il loro sound ispirato dalla grande tradizione folk rock americana ma tenendo sempre i piedi ben saldi sul territorio del cantautorato nazionale.

Le tracce si snodano seguendo linee ritmiche essenziali ed avvolgenti con aperture sonore dense che passano per arrangiamenti elettrici con svirgolate glitch (caratteristica più presente nel primo disco) e momenti di rarefatta sospensione adagiati tra tappeti percussivi, arpeggi di chitarra, humming e riverberi che attribuiscono una allure quasi ancestrale alle tracce (come ad esempio le tribali “Schiena di Bue” e “Madre Moderna”). Il risultato è una ricca combinazione di “melodie, ritmi ed immaginari” (citando Simone), in cui le parole hanno lo stesso peso per la loro ambivalenza sonora e semantica, e vengono scelte con attenzione, inserendosi in un continuum in cui il linguaggio metaforico si fa flusso in continuo divenire. Due chicche in controcanto con il resto del disco sono l’intermezzo completamente strumentale di “Walter” a metà scaletta, quasi un condensato che esprime le parole non dette altrove, e la hidden track punkeggiante in tedesco lo-fi alla fine di “S.”.

Un disco molto ben eseguito, semplice ed essenziale, ma gradevole ed inaspettatamente di grande effetto. Bella (ri)scoperta!

 

Tracklist:

  1. Passaggio
  2. Qualcosa cambierà
  3. Take Me Home
  4. Schiena di bue
  5. Madre Moderna
  6. Walter
  7. Colibrì
  8. Bughialenta
  9. La Notte Il Giorno
  10. Senza di te
  11. S.

 

A cura di: Francesca Mastracci

 

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