Intervista Lola Stonecracker

LOLA STONECRACKER Idee chiare ed entusiasmo, questi i tratti somatici dei Lola Stonecracker, una hard-rock band che sembra non volersi accontentare mai, cercando continuamente nuovi stimoli artistici. Con l’uscita di “Doomsday Breakdown” abbiamo colto l’occasione di far quattro chiacchere con loro…

Diciamocelo: non siete una band di primo pelo, nonostante ciò siete usciti allo scoperto solo oggi. Ci volete raccontare brevemente qualcosa su di voi e su questi Lola Stonecracker?
I Lola Stonecracker sono nati nel 2009. Il nostro è un viaggio bellissimo per certi aspetti ed estremamente turbolento e pieno di grandi cambiamenti per altri. Molte vicissitudini ci hanno portato a dover ricominciare da capo diverse volte, ma alla fine dopo alti e bassi, lavorando molto duramente , siamo infine arrivati a chiudere il primo grande capitolo del nostro libro musicale con l’album “Doomsday Breakdown”. C’è un sacco delle nostre personalità e delle nostre sfaccettature in questo album. E’ anche una sorta di analisi registrata dei nostri background musicali. Abbiamo capito chi siamo musicalmente parlando in questo preciso periodo della nostra vita. Ci sono voluti cinque anni per sentirci pronti per registrare il nostro primo album, volevamo dare il massimo per chi lo ascolterà… E crediamo di esserci riusciti.

Altra cosa che ho trovato insolita è il nome: come diavolo si è arrivati a Lola Stonecracker?

Lola è la nostra benefattrice. E’ una persona che ha sempre seguito e supportato la nostra band fin dall’inizio. Così determinata da spaccare le pietre…

Arriviamo al piatto forte, ossia “Doomsday Breakdown”, un gran disco a mio avviso. Come è nato e soprattutto cosa vi ha spinto a inserire nella tracklist ben 15 brani?
“Doomsday Breakdown” nasce dalla fusione di personalità molto differenti con background musicali tra i più disparati, ma uniti da una passione per il rock. I testi sono molto vari, alcuni ispirati a libri di filosofia, altri di psicologia, personaggi inventati, personaggi tratti da libri di narrativa classica, esperienze personali, il tutto condito da un po’ di teatralità. Sono quelle che chiamano “kitchen sink stories”, cioè storie di vita quotidiana. Ci sono voluti 15 brani per soddisfare noi stessi prima di tutto e per farvi conoscere più approfonditamente la nostra band. Una band “multi-layer”, quindi dovevamo cercare di rappresentare queste mille sfaccettature condensandole in questo… chiamiamolo… Musical Burrito!

Il numero dei brani presenti evidenzia una grande sicurezza nei propri mezzi solitamente: avevate la sensazione di avere tra le mani un prodotto niente male o cos’altro vi ha spinto a una tracklist così corposa?
Beh, sicuramente. Se non sei convinto prima di tutto tu del tuo prodotto e di quello che offri, non puoi pretendere di convincere il pubblico a seguirti e ad apprezzare il tuo lavoro. Crediamo molto nei nostri pezzi, siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto. Avevamo bisogno di scrivere molto e fortunatamente abbiamo un sacco di idee! Tutti i quindici pezzi meritavano di far parte dell’album, ognuno di loro ha qualcosa di diverso da dire, il proprio carattere e il proprio “vestitino” nessuno di loro è un pezzo riempitivo.

Nella bio si parla di post-grunge, ma sinceramente in voi vedo lo spirito hard-rock di fine anni ’80 inizio ’90 unito a ciò che va per la maggiore nella scena heavy odierna (vedi Alter Bridge). Siete d’accordo con me in questa visione delle cose o il grunge a vostro avviso è presente all’interno dei brani?
Sicuramente ci sono tutte le nostre influenze che provengono da band che hanno fatto parte della colonna sonora delle nostre vite, dagli anni ’70 fino alle band più recenti. C’è anche del grunge in certi arrangiamenti, in certi pezzi, sia sulle parti strumentali che nel cantato, è un mix di vari generi. Se ascoltate bene l’album, potrete trovare tutte queste varie nuance in ogni singolo pezzo. Relegarci agli anni ’80-’90 sarebbe troppo riduttivo. Come detto da molti, oltre a strutture sonore decisamente solide e ispirate la ciliegina sulla torta è rappresentata dall’ottima performance vocale del vostro cantante.

Come si è arrivati a ottenere questi risultati sul fronte canoro e che tipo di preparazione sta dietro a una voce del genere?
Alex (voce)
: Abbiamo lavorato in modo così dettagliato e particolare ai vari arrangiamenti di chitarra e basso, che quando ho dovuto aggiungere le linee vocali ho faticato parecchio. Ho cercato di scriverle un po’ fuori dagli schemi, sempre però con l’intento di essere melodico e incisivo. Poi mi sono fatto prendere la mano dal divertimento compositivo e sono finito col registrare 125 differenti tracce vocali sul disco… Il nostro povero ingegnere del suono (Roberto Priori) voleva uccidermi! Devo dire però che con Robby abbiamo un bellissimo feeling ed essendo un ottimo produttore artistico è riuscito ad incastrare tutto con risultati eccellenti! Mi diverto molto a cantare su vari registri vocali, utilizzando timbri diversi… Diciamo che ho aggiunto ai pezzi un po’ della mia esperienza nel campo dei Musical, condendo il tutto con un po’ di teatralità. Insomma mi sento prima di tutto un attore, e poi un cantante. È stato un lavoro durissimo, ma mi ha fatto crescere dal punto di vista creativo e interpretativo.

A livello di influenze si potrebbero citare i soliti nomi sacri della scena hard, ma quale in particolare vi ha influenzato maggiormente?
Non c’è una band in particolare che ci ha influenzato… Abbiamo fatto un milkshake mettendoci dentro tutte le sonorità e i generi con i quali siamo cresciuti e poi ci abbiamo frullato noi stessi e la nostra personalità, in modo genuino e a volte anche un po’ sofisticato. Sembra che abbia un buon gusto no!?

Quello che mi chiedo è se anche dal vivo tutta la potenza del disco sia espressa nella stessa misura. Non deve essere una passeggiata portare dal vivo pezzi del genere, o mi sbaglio?
Non è assolutamente facile riuscire a riprodurre le sonorità compatte, le atmosfere e gli arrangiamenti complessi di alcuni brani dell’album. Molte canzoni ad esempio sono arricchite da bellissime parti di piano, synth, e archi del nostro carissimo amico e musicista Pier Mazzini, altre canzoni invece hanno imponenti cori come nel caso di “Shine” dove c’è un coro gospel con decine di voci. Per questo spesso dal vivo ci aiutiamo con basi dove mettiamo tutte le parti che non riusciamo a riprodurre in cinque. La difficoltà sta successivamente nel riuscire a compensare la “freddezza” di una base registrata, col calore e l’energia di un’esecuzione live, cercando di ricreare tutte le atmosfere presenti nel disco. Sono i dettagli a fare la differenza!

Qual è il tipico ascoltatore dei Lola Stonecracker? Il teenager in cerca di emozioni forti o un ascoltatore adulto?
Questo album è molto vario, ha pezzi molto particolari ma anche molto incisivi, altri molto diretti e orecchiabili, altri con nuance teatrali, altri ancora più nevrotici… Pensiamo che “Doomsday Breakdown” possa piacere a un vasto range di ascoltatori di varie età, dal teenager all’ascoltatore più vissuto che è cresciuto con band della vecchia guardia, le stesse con le quali siamo cresciuti noi.

Come stanno andando le cose sul fronte live? Cosa avete in cantiere per i prossimi mesi?

Dopo lo stop per la registrazione del disco abbiamo ripreso finalmente a fare concerti per presentarlo in giro. Purtroppo la scena live per band che fanno rock, soprattutto se inedito, lascia molto a desiderare, ma siamo comunque molto soddisfatti. La nostra intenzione è quella di suonare molto anche all’estero. Puntiamo a fare un sacco di date, il più possibile per far conoscere la nostra musica! Nel frattempo lavoreremo a brani nuovi, perché bisogna trovare sempre nuovi stimoli per tenere viva la fiamma nello stomaco!

Avete pubblicato un primo video, cosa vi ha spinto a scegliere quel brano e quel tipo di concept?
Ci sembrava giusto presentare l’album con un video d’impatto. “Jigsaw” è il pezzo adatto per lo scopo: diretto, radiofonico, energico e anche il testo ci dava l’opportunità di creare uno storyboard per un video molto grintoso e dinamico. Fortunatamente i nostri amici della Ju-jitsu Academy ci hanno dato un preziosissimo aiuto per realizzarlo. Il testo parla di un litigio tra amanti che abbiamo rappresentato con un combattimento di MMA. I combattenti che la ragazza scaglia contro al ragazzo rappresentano le frasi che durante una litigata possono essere dette. A volte le parole tagliano come una motosega e possono fare male come pugni! Il video è stato realizzato con un budget molto limitato ma siamo riusciti comunque a fare un qualcosa di molto accattivante e professionale, e siamo fieri anche di questo.

A voi la chiusura!
Se volete ascoltare un album genuino, versatile ed energico crediamo che “Doomsday Breakdown” faccia al caso vostro! Tiene un piede nel passato e uno nel presente… C’è un sacco di noi e anche un sacco di voi in questo album, siamo sicuri che ne valga la pena, non vi deluderemo. Noi ci abbiamo messo il cuore, adesso tocca a voi metterci le orecchie! Un abbraccio a tutti voi, e grazie. Stay tuned and see ya on the road!


Intervista a cura di Golem

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