Live Report Mark Lanegan

Live Report
Mark Lanegan
@ Estragon, Bologna
24/03/2012

Lanegan lo conoscete, è un uomo di poche parole. Abbiamo questa mania dello scambio di battute fino alla morte, divertente, ma a un certo punto si impone un “basta”. Lui lo ha capito prima, non si è mai sforzato di risultare simpatico; nonostante si presti a firmare autografi (come concordato) incarna il tipo del “vado, l’ammazzo e torno”. A questo live in Bologna ci sentiamo un po’ così. Le presenze sono vivide e sorprendenti, uno specchio pieno di graffi e macchie del tempo. La “caciara” – per così dire – resta fuori. Ciò non toglie entusiasmo in intro e outro di ogni pezzo. Ma di applausi, come di pacche sulle spalle, ne esistono vari tipi; questi sancivano un reale contatto col pubblico, il Graal di ogni concerto che si rispetti. Nessun bisogno di agitarsi come un dannato, dannato lo è già, il massimo che ci si possa aspettare è vederlo fisso sul palco aggrappato saldamente all’asta del microfono come se il suo corpo fosse un tramite immobile, impregnato di un’anima scurissima che trasmette qui-e-ora da un gelido crepaccio infernale, riscaldato dal filtrare costante di gocce di whisky. Anche noi riusciamo a stento a muoverci, sotto le sue verità rivelate; piccoli illusi, capiamo quello che ci manca e lo otteniamo ondeggiando in silenzio.

Questo è Mark Lanegan, ex leader degli Screaming Trees (dei quali stasera ci ha regalato la bellissima Crawl Space), che furono grunge a modo loro – cioè a modo suo. In questo percorso tra il vecchio e il nuovo non c’è soluzione di continuità, non fosse per le molte virate proprie degli ultimi lavori estratti da Blues Funeral; lo attraversano synth inaspettati, per quanto in alcuni pezzi come Harborview Hospital le tastiere acute riportino in qualche modo alla musica di certe funzioni sacre – non dimentichiamoci che la tematica spirituale, pur tormentata, è un tratto imprescindibile di Lanegan. Oltre a ciò, la band lo accompagna con una batteria ordinata, una chitarra assolutamente doomy and gloomy, e un basso che avrebbe potuto scavare di più. Ma il vero suono di questo concerto dà il tutto per tutto con la voce di Mark; un appeal inconfondibile, caldo e ruvido, senza stropicciare. Colpiti. Un divano, un bicchiere e Sleep with me, eppure…
they’re singing
away up on the hill
they’re building,
a mystical union, beautiful and still
but down here in the dirt they’ll say it doesn’t hurt
oh sister of mercy
I’ve been down too far to say
are they supposed to be as sick as you and me?

a cura di Tiziana Fresi
un ringraziamento a Laura @ Jalamedia

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