Live Report Obake


Live Report Obake

Init Club, Roma

24/04/2012

Quando la terza bolgia infernale chiama, si può solo che obbedire. E’ proprio per questo che ci ritroviamo tutti riuniti all’Init Club, in una stranamente gelata serata di metà aprile, per assistere al concerto degli Obake. In realtà suddetto evento si doveva tenere l’anno scorso, ma fu rinviato per motivi logistici. Inutile pensare al passato, concentriamoci sul lato positivo, siamo qui per questo. Pubblico di quelli misti che manco in un frullatore di brodo primordiale: dall’intellettualino snob, all’hipster (sì, diamoci un tono gggiovane) agli adolescenti in cerca di pogo a buon mercato.
Alle dieci e un quarto, si affacciano gli Zeus! sul palco per scaldarci gli animi. Avevo già ascoltato qualcosa del duo, illo tempore, ma, vuoi per i miei pochi e vaghi ricordi, vuoi perchè ormai sono rincoglionito, dal vivo il duo imolese ha polverizzato ogni mia minima aspettativa.
Attacchi psychcore come se piovesse, basso bistrattato e malmenato, vocalizzi flangerati manco fossimo in Black Devil Doll from Hell (spero nessuno colga il riferimento) e un lavoro alle pelli infamissimamente jazz. Spero solo di potermi accaparrare il privilegio di recensire il loro prossimo disco, che dovrebbero iniziare a registrare a maggio.
In compenso sugli Obake sono tranquillo, li ho già recensiti proprio per Ondalternativa (leggi a questo link), non devo chiedere nulla! Ammetto che la sensazione che avevo dopo l’uscita di scena degli Zeus! è che il supergruppo si sarebbe dovuto fare un bel mazzo per superare d’intensità la performance della spalla.
Mi aspettavo, forse ragionevolmente, che il supergruppo si accomodasse in una sperimentazione ostentata, espandendo a più non posso i pezzi dall’album, complice anche la presenza di un ospite di tutto rispetto come Trevor Dunn al basso al posto di Massimo Pupillo, evidentemente in altre faccende affaccendato. Ebbene così non è stato.

I quattro invece si sono tremendamente impegnati a ricreare ESATTAMENTE quanto registrato su Untitled, quasi fossimo di fronte a dei novelli dinosauri prog. Per carità, non interpretatela come una critica, visto che non avrei mai immaginato che quattro esseri umani fossero in grado di ricreare esattamente quel sound così satancore (termine sotto copyright personale, prego).
La partenza è stata un po’ zoppicante: tra l’incerta performance canora di Fornasari e una vaga svogliatezza, qualche dubbio mi era venuto. Fortunatamente son bastati pochi minuti per carburare, da lì è stato tutto un godere di un accavallarsi di sensazioni stranianti e piacevolmente canicolante. Vocalizzi perfettamente effettati grazie al doppio microfono, lavoro alla chitarra di Bernocchi preciso e un’ottima intesa tra Dunn e Pandi alle pelli. Negli scarsi 45 minuti d’esibizione (oh troppo pochi!), perfino la intro della splendida The End of It All è stata bella precisa. Indubbiamente dal vivo prevale il loro lato più puramente sperimentale, quello di Grandmother Spider insomma. Smarriscono ogni connotato “metal” che la pesante produzione dell’album gli aveva donato, ma non perdono la capacità di inquietare.
Purtroppo nessun bis al termine, nonostante le aspettative del pubblico. Poco male.
Una splendida serata, come da attese. Grazie a Gaetano, Sara e a tutto l’Init per l’ospitalità.

Live Report e foto a cura di Damiano Gerli
Un ringraziamento all’Init di Roma

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