Manchester Orchestra – A Black Mile to the Surface

Uscito lo scorso luglio per Loma Vista Recordings, A Black Mile to the Surface segna il ritorno in grande stile dei Manchester Orchestra, che di Manchester portano solo il nome (loro infatti sono originari di Atlanta). La scelta di omaggiare la città inglese ha inequivocabili richiami alla scena musicale-alt britpop che la vede come fulcro propulsore (tra cui The Smiths, The Stone Roses, Fall e Oasis) da cui la band capitanata da Andy Hull ha preso le prime mosse, spingendosi poi verso altri territori più spigolosi, per tornare a distendersi nuovamente in atmosfere più soffuse negli ultimi lavori.

Nati nel 2004, dopo una lunga carriera alle spalle, svariati cambi di line-up e molteplici inflessioni di genere, i Manchester Orchestra tornano con un album che segna la maturazione e l’evoluzione stilistica di un gruppo che ha saputo reinventarsi passo dopo passo. L’ultimo album del 2014, Cope, aveva rappresentato un ritorno verso la componente più hard-rock ed elettronica della band, ma era stato seguito quasi immediatamente dopo da una sua versione in acustico, Hope, dai toni soft e pieno di atmosfere sognanti. Con questo disco i Manchester Orchestra rimescolano nuovamente le carte in tavola e creando una crasi osmotica tra le due componenti, immergendosi in sound indie dal sapore marcatamente folk. Il risultato è un lavoro sofisticato in cui vengono tratteggiati scenari raffinati con colori a volte più caldi e a volte più tenui, prestando un’attenzione ai chiaroscuri sonori inedita rispetto ai lavori precedenti. Silenzi pieni (come nell’incipit “The Maze” e la chiusa di “The Silence”) si alternano a momenti in cui il non detto prende la forma di muri sonori che si innalzano in modo massiccio (come in “The Moth” e anche nel bidge di “The Grocery”, in cui sono protagoniste chitarre distorte e incalzanti groove di batteria oppure nelle sintetizzazioni acri di “Lead, SD”). Oltre una buona struttura musicale, però, in questo album si percepisce il grande lavoro svolto da Hull nei confronti della voce, accordata come fosse lo strumento principale in arrangiamenti estatici tra afflati corali ed echi lontani. Indubbiamente, la band fa confluire in questa nuova impostazione le sperimentazioni a cappella elaborate durante la realizzazione della colonna sonora del film “Swiss Army Man”.

Essenziale, ma al tempo stesso sofisticato. Delicato e aggressivo in modo compenetrante. A Black Mile to the Surface è un album il cui ascolto è lieto, ma mai superficiale, in grado di far scendere in riflessioni profonde e astrazioni meditative. Una svolta che denota una maturità nel gusto stilistico di questa band dal sapore sempre meno americano e sempre più immersa nella cultura del cantautorato britannico.

 

TRACKLIST:

  1. The Maze
  2. The Gold
  3. The Moth
  4. Lead, SD
  5. The Alien
  6. The Sunshine
  7. The Grocery
  8. The Wolf
  9. The Mistake
  10. The Parts
  11. The Silence

 

A cur di: Francesca Mastracci

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