Moby – Everything Was Beautiful, and Nothing Hurt

Una cosa è certa, non si riesce a riassumere il lavoro di un artista libero e poliedrico come Moby. Dopo due sorprendenti lavori accreditati a Moby & The Void Pacific Choir, che rileggono con coraggio la New Wave più emozionale e tratti Punk, ecco che il musicista newyorkese ci stupisce un’altra volta.

Il ritorno a sonorità più intime, notturne e sofferte contraddistinguono questo suo ultimo album. Gli elementi acustici sono sempre ben coordinati con sonorità elettroniche calde ed eteree, richiamando in brani come Like a Motherless Child (riadattamento di un vecchio spiritual) o The Sorrow Tree l’esperienza inglese Trip Hop, sempre con chiare sfumature Gospel, suo primo e non dimenticato amore.

L’artista americano attraversa con sapienza i brani e la sua voce diventa quella di un narratore, che ci rivela gli aspetti più profondi di un anima delusa e affranta, che vive un senso di inadeguatezza in un mondo che ha dimenticato anche l’ultimo briciolo di umanità. L’anima e l’individuo sono al centro di tutto Everything Was Beautiful and Nothing Hurts, e con il coraggio che solo gli artisti liberi hanno, Moby confessa il suo dolore, i suoi sbagli e la sua incapacità di essere uomo libero perché costretto a fingere, ma sopratutto la sua angoscia nel guardare un umanità che distrugge ogni cosa. Questo disco sembra una preghiera malinconica, una disperata richiesta di aiuto, come recita il meraviglioso coro in This Wild Darkness. Un disco che coniuga antico e moderno, che rilegge la profondità artistica di Laurie Anderson e dei maestri dell’elettronica da ascoltare con l’attitudine moderna del Blues, come dice Tricky, fatta propria dall’esperienza Trip-Hop.

Calmo, lento, malinconico e profondo, che cerca probabilmente un confronto onesto e intimo con l’ascoltatore, “Everything” è un disco che prende una posizione e invita a riflettere, come d’altronde lascia intuire il titolo, citazione di Mattatoio 5 di Vonnegut considerato il romanzo manifesto del moderno pacifismo.

Moby è così, un artista e un attivista da sempre impegnato a sensibilizzare il suo pubblico con tematiche legate ai diritti civili e sociali, che si schiera da una parte con decisione e consapevolezza, e lo fa anche con la sua musica, che in questo suo quindicesimo album può anche risultare a tratti ridondante ma sempre espressione di un’umanità intensa ed emozionante. Da ascoltare da soli nel buio della stanza.

 

Tracklist:

  1. Mere Anarchy
  2. The Waste of Suns
  3. Like a Motherless Child
  4. The Last of Goodbyes
  5. The Ceremony of Innocence
  6. The Tired and the Hurt
  7. Welcome to Hard Times
  8. The Sorrow Tree
  9. Falling Rain and Light
  10. The Middle is Gonaz
  11. This Wild Darkness
  12. A Dark Cloud is Coming

 

A cura di: Fabio Federico Gallarati

 

 

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