One Dimensional Man – You Don’t Exist

Nell’avere troppi progetti in ballo si rischia spesso di non riuscire a fare mai tutto nel modo in cui si dovrebbe. Ma i veri professionisti questa sfida la sanno accettare ben consapevoli dei propri limiti e con quel pizzico di pertinacia sfrontata in più che li porta a credere nella libertà espressiva come una fede portata ai limiti dell’eccesso (al grido di “too much is not enough” come cita la parte finale di “In Substance”). Questo è ciò che accade a Pierpaolo Capovilla, uno di quegli artisti spesso difficili fa definire, ma di certo una delle punte più originali della musica italiana. Dopo sette anni di latitanza dall’uscita del poco fortunato “Better Man”, vede la luce questa la nuova creatura dei One Dimensional Man. Si chiama You Don’t Exist ed è al tempo stesso una confluenza di tutti i progetti paralleli di Capovilla (partendo dal suo gruppo storico Il Teatro degli Orrori fino alla più recente parentesi di Buñuel, di cui fanno parte anche il fido Franz Valente de Il Teatro e Xavier Iriondo degli Afterhours) e un ritorno alla linearità, seppur spasmodica e caustica, degli esordi della band e soprattutto a quello che è stato “1000 Doses of Love!” del 2000.

La line up, dopo gli svariati cambi nel corso degli anni, anche torna a respirare aria di famiglia e così ritroviamo anche in questa occasione la batteria al veleno di Valente e Carlo Veneziano alle chitarre, dopo il suo abbandono della band ai tempi di “Take Me Away” (2004).

La scrittura alla quale ci ha abituati Capovilla è sempre una lama tagliente sia che si tratti di testi in italiano che di testi scritti in inglese. Al centro di questo disco, già definito come un “romanzo rock” per la compattezza e lo spessore delle tematiche affrontate, troviamo l’angoscia, la rabbia e un senso di disillusione straziante. Il tutto però narrato con una lucidità disarmante e viscerale di chi non vuole piegarsi sotto l’egida dei compromessi. “Wake Up!” è il grido programmatico con cui prende avvio la traccia opener dell’album, dal titolo inequivocabile “Free Speech”.

Il risultato è un lavoro che suona efficace proprio nella sua coerenza espositiva, tanto dal punto di vista contenutistico quanto per quello strutturale. Le undici tracce che compongono il dico sono conglomerato di math rock monolitico, post punk urticante e una solida componente noise che pervade gli spasmi tra un pezzo e l’altro con turbinii elettrici e distorti, colpi di battera imperiosi e la voce di Capovilla, grezza e potente, tra urli e spoken recitati in maniera teatrale (come l’elenco dei presidenti degli Stati Uniti d’America in “The American Dream”, traccia finale che sciorina e dissolve nel non detto un malessere insito in questa società in cui il potere materiale si impone ripetitivo e sempre uguale a se stesso sul vero potere dell’animo).

Massiccio, viscerale e autentico. Questo è quello che rappresenta l’ultima fatica di una band che ha fatto dell’unica dimensione umana un ventaglio di infinite possibilità umanistiche. Contro l’indifferenza, un vero appello al risveglio delle coscienze!

 

Tracklist:

01. Free Speech
02. You Don’t Exist
03. In the Middle of the Storm
04. No Friends
05. A Promise
06. Crying Shame
07. In Substance
08. We Don’t Need Freedom
09. Don’t Leave Me Alone
10. Alcohol
11. The American Dream

 

A cura di: Francesca Mastracci

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *