Orfeo – Arcadia

Come il personaggio mitologico che con la sua lira aveva avuto il potere di incantare il mondo dell’Antica Grecia, così anche il cantautore milanese Orfeo, al secolo Federico Reale, propone di compiere suggestivi ed accattivanti viaggi dell’anima attraverso la sua musica. E non è un caso, infatti, se i suoi primi due album esplorano non-luoghi dell’immaginario, facendosi percorsi interiori di scoperta alla ricerca di se stessi: è in questo che il nuovo album, Arcadia, rappresenta il degno sequel del disegno che il cantante ha iniziato a tracciare nel 2015 con Le città sulla luna. Ma se mentre nel primo capitolo di questa storia l’evasione trovava rifugio in scenari astratti e surreali, qui c’è un ritorno alla terra, a quell’Arcadia perduta cantata da Virgilio.

L’album, uscito a fine marzo per Cane Nero Dischi, è il risultato di un profondo desiderio di rinascita e riscatto, di un bisogno di riconcettualizzazione di se stessi. In un contesto in cui la società capitalistica metropolitana ci lascia in balia dell’alienazione, ciò di cui abbiamo necessità è lasciarci tutto alle spalle e ripartire da zero per fare i conti con il proprio io. È così che è avvenuta la scrittura del disco, in una rimessa agricola sui colli romani nella tranquillità e nell’idilliaca simbiosi con la natura. Da qui, appunto, il nome che porta il disco.

Come si può notare, lo scenario che si dipana nel lavoro di Orfeo è denso di riferimenti mitologici e richiami letterari, il tutto narrato con una vena di malinconia nella voce e una struttura musicale ben radicata nella tradizione del cantautorato indipendente nostrano, da Brunori a Vasco Brondi, da Dimartino a Calcutta (nome citato esplicitamente nel brano “Voglio stare in città” in riferimento al centro spirituale indiano, anche se poi un certo richiamo a Edoardo si fa sentire soprattutto nella composizione del brano).

Le nove tracce che compongono il disco sono tutte l’espressione in presa diretta di un grado di consapevolezza matura e sincera riguardo i propri sentimenti. Tutto è un lento scorrere, carico di densità, sia per i testi che per gli arrangiamenti. Spesso, infatti, a intarsiare le tessiture dei brani vengono inserite note di richiamo post-rock con riff di chitarre distorte (ad esempio in “Io che non sono il sole”) o con drumming sostenuti (“Rinascere ad agosto”). In altri casi è la linea di basso a tirare le fila, come in “Luce contro gli occhi”, in qui l’aggiunta del piano rende ancora più malinconico ed introspettivo il pezzo.

Per cui, buona seconda prova per questo giovane cantautore milanese, che si sta muovendo un po’ defilato rispetto all’indie mainstream, ma che non ha nulla da invidiare a tanti suoi colleghi. E sembra infatti, in fin dei conti, che Orfeo sia proprio riuscito a trovare la sua forma migliore, come cita uno dei brani della tracklist (“La mia forma migliore” per l’appunto), un imperativo nella forma sia come sostanza che come essenza.

 

TRACKLIST:

  1. Io che non sono il sole
  2. La Rivoluzione
  3. Perché divento un eroe
  4. Luce contro gli occhi
  5. Rinascere ad agosto
  6. Voglio stare in città
  7. Pelle
  8. La mia forma migliore
  9. Voglio evitare il paradiso

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A cura di: Francesca Mastracci

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