Pashmak – Atalntic Thoughts

Vidi i Pashmak(e li conobbi ufficialmente così) per la prima volta al Baretto del Leoncavallo. Non si trattava di una cosa voluta, bensì di una di quelle situazioni verso le quali ti portano certe serate in cui ti trovi con l’amico di sempre a peregrinare per la città, dalla quale ti lasci guidare e chissà cosa succederà. A me di solito succedono fatti di musica, e questo caso non fa eccezione. Era un lontano e piuttosto freddo gennaio del 2016 e ricordo esattamente la sensazione di incapacità di definizione e nello stesso tempo apprezzamento che mi aveva lasciato il live di questo gruppo.

E’ bello ritrovarli nel 2019 solidi e forti, con un nuovo album all’attivo, la stessa piacevolezza di ascolto, sebbene su supporto e non dal vivo, e la stessa percezione di sfuggevolezza (di genere e affini) anche per questo lavoro. Lungi dall’essere una debolezza, questa indefinitezza, che finisce a mio parere per diventare una caratteristica di Atlantic Thoughts, è ben superata da una coerenza interna musicale e di atmosfere, capace di far percepire questo album come un’opera fatta e finita con una sua personalità e un suo carattere. E poco importa il non saper dare a tale carattere un nome, quel che conta è farsi prendere e poi lasciarsi trasportare dal flusso sonoro.

Trasportare sì, e la parola non è a caso, perché l’Atlantico del titolo si fa sentire ed emerge proprio qui, in un senso quasi di costante movimento che permea tutte le tracce, un moto incessante ma piacevole, esattamente come quello del mare, un fluttuare che a volte si fonde con la sabbia bagnata, altre si infrange su ripide scogliere, altre ancora trasporta al largo e si riduce un calmo dondolio del cui suono mai si parla ma che tutti non possiamo aver fatto a meno di sentire se almeno una volta ci siamo trovati con una qualsiasi imbarcazione in mezzo al mare.

Ecco è questo  che lascia nelle orecchie (ma potendo anche sulla pelle) di chi lo ascolta il mix di elettronica, pianoforte, timbro profondo ma mai spinto, di questo disco. Menzione speciale va a Violet Wax Skin, traccia numero 8, che dopo un primo minuto lieve si arricchisce di sonorità quasi drum&bass ma con quel tocco di eleganza in più e Oceans, che quei gabbiani e il loro planare sembra portarseli dentro ad ogni passaggio.

Se su qualcosa dovessi avere da ridire sarebbe forse invece l’idea di inserire due tracce in italiano contro le 8 in inglese, niente di brutto o di banale, sebbene la difficoltà cui la nostra lingua talvolta sottopone, ma ecco forse un piccolo rischio che ci si chieda “ma perché?”, all’arrivo improvviso del nuovo idioma dopo una serie di brani cantanti nella lingua anglosassone, c’è.

In generale comunque un’ottima prova per la band milanese, che va ad arricchire il paniere nostrano di artisti non scontati e di talento, materia prima di cui non si ha mai a sufficienza.

 

Tracklist:

  1. Solid Roots
  2. Golden Eyes
  3. Harp (feat. AVAN)
  4. Fireflies
  5. Oceans
  6. Laguna
  7. Sit & Stare
  8. Violet Wax Skin
  9. Shanti
  10. Bronzo

 

A cura di: Anonimo

7.5

Tags

About the author

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *