Paul Kelly & Charlie Owen – Death’s dateless night

Rincontrarsi al funerale di un amico comune e riflettere sul senso dell’esistenza umana, sulla morte e sulle cose belle che capitano nella vita, nonostante tutto. Come l’arte e l’amicizia. È da queste premesse e da un desiderio di collaborazione che ormai veniva rimandato da troppi anni che nasce Death’s Dateless Night, ultimo lavoro del cantautore australiano Paul Kelly, realizzato grazie al prezioso contributo dell’amico di lunga data Charlie Owen. La voce calda e suadente di Kelly avvolta dalle policromie strumentali di Owen, che nel disco, oltre a prestare la voce nei cori, suona il dobro, il lap steel, la chitarra elettrica, il sintetizzatore e il piano, creando con Kelly un binomio simbiotico perfettamente assortito. Ed è subito un capolavoro.

Le tracce contenute nel disco sono una suggestiva collezione di pezzi spesso ascoltati durante occasioni funebri. Spiccano le cover dei grandi classici della musica internazionale come “Let It Be” dei Beatles ,“Bird on a Wire” di Leonard Cohen e uno dei brani più poetici di Townes Van Zandt, “To Live Is to Fly”. Ma sono presenti, però, anche rivisitazioni inedite di pietre miliari della tradizione americana come “Hard Times Come Again No More” di Stephen Foster e “Don’t Fence Me In” di Cole Porter, la quale è impreziosita dal tocco magico delle voci femminili delle due figlie di Kelly, Maddy e Memphis (presenti anche in “Let It Be”). Troviamo poi vecchi brani appartenenti alla tradizione popolare, come il motivo di musica jazz “Make a Pallet On Your Floor” o il tributo alla cultura irlandese con la canzone di commiato “The Parting Glass”, eseguita qui in una struggente versione quasi a-cappella da togliere il fiato. Non mancano richiami alla musica della madrepatria Australia con “Pretty Bird Tree” di L.J. Hill e “Good Things” di Maurice Frawley. Ad arricchire la raccolta figurano inoltre due brani estrapolati da precedenti raccolte di Kelly: “Nukkanya” (termine che nell’antica lingua aborigena Narrandjeri ha il significato di “ci vediamo”) e “Meet me in the Middle of the Air” (il cui testo è ispirato al Salmo 23, spesso citato durante le celebrazioni dei funerali), entrambi caratterizzati da un essenzialismo minimale che tocca immediatamente le corde più profonde dell’anima.

Conclusione migliore non poteva essere auspicata, affidando l’ultima traccia alla cover di “Angel of Death” di Hank Williams, la quale termina con un sospiro solenne e contemplativo tutto il resto della raccolta.
Una collaborazione fruttuosa dunque che non esclude un sequel. Magari stavolta di pezzi inediti.

01. Hard times
02. To live is to fly
03. Pretty bird tree
04. Make me pallet on your floor
05. Nukkanya
06. The parting glass
07. Meet me in the middle of the air
08. Don’t fence me in
09. Bird on a wire
10. Good things
11. Let it be
12. Angel of death

a cura di: Francesca Mastracci

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