Shakers – Tu cosa fai, non balli?

Tu cosa fai, non balli? è il debutto discografico in long playing per i varesini Shakers, che dopo il primo EP Il futuro è già passato, tornano a distanza di tre anni con un album che riassume e condensa l’atmosfera festaiola del garage-surf al sound retrò del rock and roll americano anni ’50, con venature dal sapore rhythm & blues. Dieci tracce disincantate e spensierate in cui vengono affrontati vari aspetti del disagio e dell’insoddisfazione generazionale che ci attanaglia, ma il tutto sempre condito con una buona dose di sana e irreverente ironia.

La traccia che dà avvio all’album, “Zombie Boyfriend” (che è, tra l’altro, anche il primo singolo estratto), rappresenta un concentrato di elementi la cui presenza costituisce una costante in tutto l’album: tra clappings e cori, si insinuano tastiere psichedeliche, assoli di chitarra ben arrangiati nei bridge e backbeat di batteria che ne ricamano la struttura. Mentre la seconda traccia, “Chi credete che siamo”, rende esplicito il titolo dell’album con una citazione nel testo di “Tu cosa fai, non balli?” e l’atmosfera di confusione carnevalesca che lo permea nella sua essenza. Il ballo viene declinato in varie sfumature, però, non solo nella sua veste movimentata ed energica, ma anche nella sua versione più pacata, da vero e proprio lento rock and roll in “Gira ancora”. La tracklist, inoltre, gira intorno al rapporto normalità-follia, tra evasioni utopiche e fughe distopiche non importa dove, se a Kathmandu (“Me ne vado a Kathmandu”), se in Messico (come cita il testo di “Quanta splendida follia”) oppure verso “Un posto che non c’è” (come il titolo della traccia che chiude l’album). Caratteristica presente nell’intero lavoro sono, poi, sono i frequenti richiami cinematografici con brani come “Solo chi ama sopravvive” (tributo, con un testo carico di riferimenti, al capolavoro di Jarmusch “Only Lovers Left Alive”) o anche “Come Bonnie and Clyde” (in cui compare, anche qui, il tema della fuga). Sono presenti anche due tributi musical: uno a Donatella Rettore con la cover in stile rockabilly di “Lamette”, e l’altra ai Nirvana con una versione completamente rivisitata di “All Apologies” nel pezzo “Filicudi Surf”, in cui l’arrangiamento serve solo da pretesto per intessere una ballata surf-rock dedicata all’isola siciliana di Filicudi, improvvisamente trasformata in una spiaggia californiana con tanto di sole splendente e palme.

Infine, l’intro cupo dell’ultima traccia del disco, “Un posto che non c’è”, si risolve in un’esplosione strumentale e vocale di gioia festosa che chiude ciclicamente l’album proprio come era iniziato. Un lavoro dalle buone strutture compositive negli arrangiamenti, anche se tuttavia non si spingono mai troppo oltre, lasciando spazio ad un ascolto che comunque risulta piacevole e lineare.

01. Zombie boyfriend
02. Chi credete che siamo
03. Me ne vado a Kathmandu
04. Come Bonnie & Clyde
05. Gira ancora
06. Filicudi Surf
07. Solo chi ama sopravvive
08. Lamette
09. Quanta splendida follia
10. Un posto che non c’è

a cura di: Francesca Mastracci

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