SWMRS – Berkeley’s On Fire

Essere riconosciuti come la band “del figlio di” è sempre un prezzo amaro da pagare, soprattutto il padre in questione è stato anche il tuo produttore. Ma come insegna il caro vecchio Freud, arriva sempre un momento in cui il figlio si ribella all’autorità paterna per cercare la propria identità e scrollarsi di dosso i retaggi della propria infanzia. Questo momento i SWMRSlo avevano già vissuto qualche anno fa con la pubblicazione di Drive North(2016), ma è con il loro nuovo album, Berkley’s On Fire, che sanciscono definitivamente il loro essere entrati nel regno della post adolescenza. Un’entrata nemmeno troppo in sordina, ma anzi a testa alta e con il petto infuori.

Il padre in questione da cui i quattro di Oakland dovevano allontanarsi era in realtà una figura non facile da cui prendere le distanze anche per tutto quello che rappresenta dal punto di vista musicale. Ebbene, usciamo il nome: Billie Joe Armstrong, padre del batterista della band, nonché padrino del punk made in America 2.0, genere da cui hanno appunto preso le mosse gli SWMRS. Ma il nuovo lavoro, uscito per Fueled By Ramen lo scorso 15 febbraio, prende notevolmente le distanze dal punk un po’ poppeggiante e insicuro di quando ancora si chiamavano Emily’s Army, per diventare più ruvido, aggressivo, contaminato; insomma: più personale.

Berkley’s On Fireè in disco che riesce a fondere e miscelare insieme le punte più rock dell’emopunk con un power pop tinto, a tratti, di elettronica che non disdegna neppure incursioni r’n’b (come in “Steve Got Robbed”). Dieci tracce che si susseguono alternando capitoli più ritmati ed aggressivi in pieno stile nineties (tra i quali spicca l’anthemica “Hellboy”, traccia veloce e supercarica che strizza l’occhio anche ai migliori Green Day), passando per tracce sempre spumeggianti ma più leggere e viranti verso sfumature pop/alternative (come la titletrack o anche il distico  costituito da “April in Houston” e “Lonely Ghosts”). Completano l’ensembleanche le due ballad, romanticamente scanzonate e anche abbastanza convincenti, “IKEA Date” e “Bad Allergies”.

I brani scorrono veloci e fluenti, con riff acuminati, ballabilità senza troppe pretese ma con un gran bel carico di attitudine. Si sente bene lo zampino del produttore Rich Costey (Muse, Death Cab for Cutie), ma si sente anche la maturazione di uno stile a cui hanno lavorato loro stessi. C’è leggerezza insomma ma c’è anche un bel pizzico di introspezione, come nel brano è  “Thrashbag Baby”, dove i cofondatori della band, i fratelli Max e Cole, duettano insieme per la prima volta (e Cole non si limita solo ai cori).

I testi sono costituiti da lucide riflessioni sul mondo attuale dei giovani e su cosa significhi vivere esposti a 360 gradi al potere dei media. Nelle parole della band questo album documenta lo stato d’animo dei giovani che si sentono intrappolati tra “la dualità del sentirsi una forza inarrestabile prima e un naufrago alla deriva subito dopo”.

Con bracciate ampie e decise, loro ci sguazzano bene in queste acque. (swimmers, da cui SWMRS, in inglese significa proprio “nuotatori”, ndr). Continuate così, ragazzi, voi che siete la band del figlio…di chi? non ha più importanza.

 

Tracklist:

  1. Berkeley’s On Fire
  2. Too Much Coffee
  3. Trashbag Baby
  4. Lose Lose Lose
  5. April In Houston
  6. Lonely Ghosts
  7. IKEA Date
  8. Hellboy
  9. Bad Allergies
  10. Steve Got Robbed

 

A cura di: Francesca Mastracci

7.5

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