The Amity Affliction – Misery

Sesto album in studio per gli australiani The Amity Affliction. Si intitola Misery ed è uscito a fine agosto per Roadrunner Records, a due anni di distanza da This Could Be Heartbreak, album da molti considerato come il loro lavoro migliore guadagnatosi in mesi la vetta delle classifiche australiane consacrandoli a livello internazionale.

Questo lavoro, però, se da un lauto prosegue la linea core della band, dall’altro ne smussa un po’ i connotati metal, per dare invece più spazio a componenti elettroniche e melodie più smaccatamente punk o, in alcuni casi, pop. Prodotto da Matt Squire (già produttore di Panic! At The Disco, Ariana Grande, Underoath) risente di quell’alone laccato di orecchiabilità radiofonica per loro inedita fino a questo momento. Sostanzialmente, però, la loro impostazione resta cosparsa in modo cospicuo dal deathcore con le solite atmosfere cupe e aggressive, l’incedere che segue cadenzato fino all’esplosione e la voce scream che ancora non ha perso un briciolo di potenza. Proprio il contrasto tra la voce gutturale e grezza di Birch con il cantato pulito che riecheggia in un botta e risposta continuo supportato dai cori del bassista Ahren Stringer, costituisce una marca di tutto il disco. Questo contrasto vocale è presente, come già notato, anche nella sezione ritmica, dove si alternano inserti acustici con sessioni ellettroniche, poppeggianti (quasi dreamy in certi tratti) che si riversano in prepotenti riff di chitarra e parti percussionistiche ben marcate e strutturalmente segnanti per la progressione sonora del pezzo.

L’uscita dell’album era stata anticipata a giugno dal singolo “Ivy (Doomsday)”, nonché traccia d’apertura della tracklist, il cui video (co-diretto dal cantante Joel Birch) costituisce, insieme all’ultimo singolo estratto “D.I.E.”, una trilogia incentrata sulla misteriosa storia di vendetta con tre amici come protagonisti che troverà risoluzione soltanto nel capitolo conclusivo.

Un album ben arrangiato, dal sound certo più fruibile rispetto ai lavori precedenti ma non per questo meno valido. In alcuni momenti si sentono influenze della scena Hard-rock dei primi anni zero: operazione nostalgia o, forse, semplicemente un tentativo di arrivare al grande pubblico? Nel dubbio, comunque, un buon lavoro.

 

Tracklist:

  1. Ivy (Doomsday)
  2. Feels Like I’m Dying
  3. Holier Than Heaven
  4. Misery
  5. Kick Rocks
  6. Black Cloud
  7. I.E.
  8. Drag The Lake
  9. Beltsville Blues
  10. Burn Alive
  11. Nothing Left
  12. The Gifthorse

 

A cura di: Francesca Mastracci

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