WakeUpCall – I Beethoven was a punk

Che tipo di canzoni avrebbe prodotto Beethoven se fosse cresciuto ai giorni nostri, ascoltando musica punk? Questa è l’idea, originale quanto coraggiosa, che sta alla base del nuovo lavoro dei WakeUpCall dal titolo, per l’appunto, If Beethoven Was A Punk, uscito lo scorso gennaio. La band romana, a cinque anni di distanza dall’album di debutto Batteries Are Not Included, crea stavolta un concept album incentrato sul potere salvifico della musica, presa in tutte in tutte le sue forme e nelle sue molteplici sfaccettature. Le nove tracce che costituiscono il disco rappresentano i nove atti di una Rock Opera, declinazione in chiave rock delle arie sinfoniche di musica classica. Ma se è vero che questa tendenza sta avendo abbastanza riscontri negli ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda lo scenario dell’hard-rock, il progetto dei WakeUpCall spicca per la sua natura composita che richiama non solo sfumature punk, ma a tratti si rivolge anche al post-grunge e all’alterative metal, non dimenticando inflessioni talvolta più melodiche e talvolta più aggressive.

Così Beethoven, Mozart e Wagner sembrano fare in questo album la loro conoscenza ufficiale, anacronistica ma mai fuori tempo, con tutta una schiera di gruppi che vanno dai Papa Roach (in modo specifico nel pezzo “Boys Don’t Cry”; titolo che, tra l’altro, inevitabilmente fa venire in mente l’omonimo pezzo dei The Cure) ai Sum 41 (in “Twinkle Falling Stars” e “Disposable”), dai Ramones (“We Music”) agli Smashing Pumpkins (richiamo particolarmente evidente in “My Last Song”e “I Feel Nothing”, anche se l’influenza è riconducibile a tutti i pezzi, probabilmente soprattutto grazie alla vicinanza del timbro vocale di Tommaso con quello di Billy Corgan).

Già dall’intro suggestivo costituito dall’opener “My Last Song” veniamo catapultati nel ritmo vertiginoso dell’intero album attraverso l’accenno alla Sinfonia n.9, immediatamente stravolta da chitarre distorte e da un drumming potente e compatto. Segue la virata rock a tratti quasi hip-hop nella parte iniziale di “Sex Halleluja”, brano estratto per anticipare l’uscita dell’album, corredato da un video (ovviamente originale anch’esso) in cui il sesso viene presentato alla stregua di un pensiero fisso corrosivo, una sorta di droga da cui, viene suggerito, è possibile disintossicarsi attraverso la musica. L’altalenante susseguirsi di accenni sinfonici con le corrispettive incalzanti traduzioni in chiave rock, punk o grunge trova modo di far spazio anche a due rock-ballad dal ritmo più disteso, o sospeso, “I Feel Nothing” e “Still A Fighter”. La prima suggestiva e toccante, tinta da atmosfere malinconicamente cupe, mentre la seconda più positiva e dai cenni inneggianti, posta come bonus track.

Un album ben pensato e strutturato, in cui già dal primo ascolto, emerge tutto il lavoro certosino che ne vede la realizzazione. Un salto di qualità non indifferente per i WakeUpCall, che li porta ad imporsi sulla scena punk-rock nostrana a testa alta. Della serie: quando essere ambiziosi ripaga con buoni frutti. Dall’album è tratto anche un fumetto, curato da Arianna Beffardi, in cui l’esperienza onirica rievocata dall’album trova espressione nella forma del disegno. Tanto perché a loro il connubio di generi, stili e forme artistiche sembra piacere non poco, insomma!

 

TRACKLIST:

  1. My Last Song
  2. Sex Hallelujah
  3. Twinkle Falling Star
  4. We Music
  5. I Feel Nothing
  6. Disposable
  7. Boys Don’t Cry
  8. If Beethoven Was A Punk
  9. Still a Fighter

 

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A cura di: Francesca Mastracci

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