Intervista Design

Ondalternativa ha incontrato i Design, una band che in “Daytime Sleepwalkers” ha dimostrato grandi abilità nel saper unire la corrente new-wave 80’s al rock, attraverso synth e buon gusto. Una piacevole chiaccherata che ci porta a scoprire passato, presente e futuro di una band in continua crescita.

Ciao ragazzi, con “Daytime Sleepwalkers” vi siete presentati al grande pubblico con stile e grandi mezzi tecnici. Ma ciò che mi chiedevo nella mia recensione è come mai una band interessante come la vostra sia uscita allo scoperto solo ora nonostante sette anni di attività. A voi la parola!

Diciamo che questi sette anni si possono dividere in due periodi, divisi dall’uscita del nostro primo album “Technicolor Noise” del 2012. Fin dagli inizi, come band, l’unico obiettivo che ci siamo posti è stato quello di cercare un nostro sound, senza seguire la scena musicale del momento o ricalcare le nostre band preferite, anche perché, pur avendo avuto da subito una grande affinità nel suonare insieme, ognuno di noi aveva delle influenze diversissime sia negli ascolti che nello stile. C’è voluto quindi del tempo per far convivere insieme il tutto. Nei primi due anni di attività abbiamo composto circa una trentina di pezzi e man mano che li suonavamo live, aggiustavamo il tiro affidandoci ai consigli e alle reazioni di chi ci veniva a vedere, e molti di quei brani sono finiti nell’ep d’esordio “4 little hanged toys”, che inizialmente doveva essere un semplice demo, ma che alla fine è stato pubblicato dalla label inglese Copro Records\Casket Music, e in “Technicolor Noise” uscito per “Zeta Factory”. Quindi possiamo dire che in qualche modo i Design sono nati nel 2012, perché è stato in quel periodo che sentivamo di aver trovato la nostra strada. Quello che è successo dopo è stato un intenso periodo di live per promuovere quel disco, anche fuori dai nostri confini in Inghilterra e Spagna, e di collaborazioni con band musicali molto diverse da noi, che hanno portato all’uscita del nostro ep “fail better” contenente remix di brani del nostro Technicolor Noise ad opera di band quali Youarehere o gli inglesi Electric Riot. Le esperienze maturate in questo periodo ci hanno sicuramente fatto crescere come persone e come musicisti, crescita che ha portato alla scrittura di “Daytime Sleepwalkers”.

Parliamo per l’appunto del disco. Come si sono svolte le lavorazioni? E’ stato un percorso artistico diverso rispetto al passato?

Sì è stato molto diverso. Come dicevamo prima, i precedenti lavori erano più una raccolta di canzoni che suonavamo già live da un paio di anni prima di registrarle. Qua ci siamo trovati di fronte a un foglio bianco, che intendevamo riempire con tutti i colori che abbiamo acquistato negli ultimi due anni. Sapevamo da subito che tipo di impronta e di suono volevamo dare al disco, quindi c’è stata una prima fase di jam sessions in sala prove, una seconda fase in cui registravamo, smontavamo e assemblavamo ciò che ci piaceva di più e una terza fase di costruzione delle melodie e degli arrangiamenti.

Musicalmente il vostro stile mi ricorda qualcosa tra la new-wave e la scena brit-rock anni ’80, ossia molto romantic-style. Siete d’accordo con questa tesi e quali artisti nello specifico vi hanno influenzato nel corso degli anni?

Essendo nati e cresciuti negli anni 80 è inevitabile che la new-wave e il pop di quegli anni siano rimasti nel nostro DNA. E’ anche vero però che il nostro periodo adolescenziale lo abbiamo vissuto negli anni 90, periodo molto prolifico e vario musicalmente dove c’era spazio per il grunge, il trip hop, il metal, anche nella variante nu, ed ascoltando attentamente il nostro disco si possono sentire tutte queste influenze. Se dovessimo scegliere delle band che hanno maggiormente influenzato il nostro sound, ti diremmo i Depeche Mode del periodo da “Black Celebration” a “Songs of faith and devotion”, per quanto riguarda le melodie e la costruzione dei brani, Nine Inch Nails e Deftones, soprattutto del periodo “White Pony”, per la fusione di violenza e elettronica, e Sonic Youth per l’attitudine. Sicuramente ci hanno influenzato anche band più recenti come Yeah Yeah Yeahs, Soft Moon, TV On The Radio o A place To Bury Strangers, nell’approccio contemporaneo ai materiali sopra citati.

Non siete una band di ragazzini, quanto tempo riuscite a dedicare al progetto Design? Cosa consigliereste a una band che vuole intraprendere un percorso musicale simile al vostro?

Dedichiamo al progetto la maggior parte del nostro tempo libero. Di norma ci vediamo tre sere a settimana in sala prove. Nel periodo in cui abbiamo fatto la pre-produzione del disco, un periodo di circa tre mesi, restavamo svegli a lavorare sul materiale fino alle 3 di mattina, se c’era l’ispirazione. Poi c’è tutta la parte dedicata alla promozione, alla cura dei social (www.facebook.com/designofficial) e del nostro sito (www.designrockband.com), attività per cui necessita molto tempo data l’importanza per una band veramente indipendente come la nostra di mantenere un contatto diretto col pubblico. L’unico consiglio che posso dare a una band che volesse intraprendere un percorso simile al nostro è essere sinceri, sia col pubblico che con voi stessi. La sincerità è un’arma che prima o poi arriva anche al pubblico, e se anche non fosse così, ci si trova comunque pienamente appagati dal risultato ottenuto dalla propria musica. L’originalità è frutto sempre di un lavoro in cui l’unica cosa che conta è mettere se stessi a servizio dell’arte.

All’interno del vostro disco sono presenti tre ospiti. Volete presentarceli e raccontarci come sono nate le collaborazioni?

Nrec è il progetto di musica elettronica del nostro produttore Enrico Tiberi, i cui ultimi due lavori “Spaghettitronica” e “Signals” vedono tra l’altro la partecipazione alla voce del nostro Daniele. Ormai è una presenza fissa per noi, dato che è già stato ospite in “Technicolor Noise” e aveva contribuito con i suoi remix nell’EP “Fail better”. Mentre registravamo “So cruel”, che in fase di pre- produzione era il brano che era rimasto più ancorato al sound dei nostri esordi, Enrico s’è messo letteralmente a giocare coi synth e la drum machine, trasformandolo in una sorta di electro funk, forse ispirato dal singolone “Get Lucky” dei Daft Punk, che nel periodo in cui abbiamo composto il disco era ovunque. Abbiamo trovato la sua versione decisamente ispirata e divertente, perfetta per fare prendere un po’ di fiato alla scaletta del disco dove i toni sono decisamente più cupi. KMfromMYills è un duo di musica elettronica composto da Caterina Trucchia e Manuel Coccia. Anche loro avevano partecipato al nostro EP “Fail Better” ed abbiamo condiviso più volte lo stesso palco. Caterina ha una voce straordinaria, un timbro unico, quasi androgino, una sorta di David Bowie al femminile. Daniele ha scritto la melodia di voce di “Shy dancer” pensando da subito che lei sarebbe stata perfetta per il brano, e noi siamo pienamente soddisfatti che lei abbia accettato e del risultato ottenuto. Il suo contributo ha aggiunto un sapore “Massive Attack” al disco. Alessandro Apolloni è un giovane compositore marchigiano, trasferitosi a Londra. Lo abbiamo conosciuto quando militava nella band jazz “I’m Anita”. Uno dei brani che più abbiamo ascoltato nel periodo in cui scrivevamo il disco era “Jubilee Street” di Nick Cave. Quel pezzo ha un finale con gli archi mozzafiato, così quando abbiamo composto “Maybe” abbiamo pensato che sarebbe stato stupendo se anche questo pezzo avesse avuto un finale del genere. Abbiamo così mandato la demo del brano ad Alessandro spiegando il risultato che volevamo ottenere. Il brano gli è piaciuto talmente tanto che dopo pochissimi giorni c’ha mandato una prima partitura. Ha poi registrato a Londra un vero quartetto d’archi e c’ha mandato le tracce. Ne ha fatta anche una versione solo archi, voce e drum machine che speriamo di pubblicare prestissimo. La prima volta che abbiamo ascoltato la versione definitiva avevamo la pelle d’oca. E’ sicuramente uno dei momenti più emozionanti di tutto il disco.

Quale brano pensate descriva al meglio i Design anno 2015?

E’ difficile sceglierne soltanto uno, anche perché ognuno di noi quattro darebbe una risposta diversa, e perché essendo molto vari tra di loro, ogni brano contiene una caratteristica che ci rappresenta. Ma dovendo diremmo “Daytime Sleepwalkers”, anche solo per il fatto che è il brano che dà il titolo al disco.

Il disco è stato licenziato da This Is Core Records. Come siete giunti all’accordo e come vi state trovando con il loro team?

Avevamo mandato un primo missaggio del disco a svariate label e ci siamo imbattuti per caso nella loro. Sono stati i primi a risponderci e inizialmente eravamo titubanti visto che il loro rooster ci sembrava più orientato verso una scena heavy. Però in breve tempo ci hanno dimostrato di credere veramente nel nostro progetto, cosa per noi molto più importante del quanto sia conosciuta o meno un’etichetta discografica, e per questo ci hanno conquistato. Al momento ci stiamo trovando benissimo con loro. Sono sempre presenti e disponibili a ogni nostra richiesta.

I Design sono una band che a mio modo di vedere potrebbe dare grandi soddisfazioni soprattutto in sede live. Come vengono reinterpretati i nuovi brani in chiave live? Cambiaqualcosa a vostro avviso?

Il live è una dimensione che riesce sicuramente ad esaltare il nostro suono e a farlo arrivare dritto in faccia a chi ci ascolta. Non ci saranno grossi stravolgimenti a livello di interpretazione del nuovo materiale, tranne sicuramente nei brani del disco dove ci sono guest che ovviamente e purtroppo non potremo portarci dietro. Sicuramente cambierà molto il vecchio repertorio che stiamo appunto riarrangiando per tenerlo in linea col suono di “Daytime Sleepwalkers”. Sarà un live set molto ballabile.

A proposito di live, che intenzioni avete per l’autunno – inverno?

Abbiamo già fatto una data zero al Reasonanz di Loreto ed è andata benissimo. Il locale era strapieno e il pubblico è stato molto partecipe. Ora ci stiamo organizzando per le date e penso che partiremo in tour tra la fine di ottobre ed inizio novembre. Ci stiamo accordando anche per fare delle date all’estero. Appena sarà tutto pronto vi faremo sapere.

Da poco è stato pubblicato il videoclip tratto dal brano che ha dato il titolo al disco. A cosa dobbiamo questa scelta tra tutti i brani e come si sono svolte le lavorazioni?

E’ un brano che fa da ponte tra il nostro vecchio disco e il nuovo, cosa molto importante per non spaventare chi ci ha seguito fino ad adesso, e per accaparrarsi nuovi fan, ma soprattutto abbiamo scelto questo perché ha un ritornello killer. Così abbiamo contattato Beppe Platania e gli abbiamo spiegato il concept che volevamo rappresentare. Inizialmente volevamo fare un video dove noi non apparissimo per niente, ma Beppe ha poi insistito affinchè noi apparissimo solo per piccoli dettagli. Quelle parti le abbiamo riprese nella nostra sala prove e le abbiamo inviate al nostro regista. Per il resto dovreste chiederlo a lui dato che gli abbiamo dato completamente carta bianca. Noi possiamo solo dire che siamo molto soddisfatti del risultato.

Siete già al lavoro su del nuovo materiale? Cosa dobbiamo aspettarci dal futuro Design?

E’ ancora presto per il nuovo materiale. Ora siamo concentrati su questo lavoro. Ci piacerebbe far uscire un altro videoclip e convincere alcune delle band che amiamo a remixare i brani di questo album.

A voi l’ultima parola!

Ogni tanto spegnete la televisione e leggetevi un bel libro o ascoltatevi un disco, magari il nostro “Daytime Sleepwalkers”. E soprattutto andate ai concerti. La vita vera è lontana da uno schermo.

Intervista a cura di Golem

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