Alla scoperta dei Jarred

C’è un filo rosso che unisce capricciosamente le situazioni più impensabili. Che senza una logica apparente si lancia come un ponte fra le storie più diverse. Che, saltando i passaggi e spiegandosi solo alla fine, lega fra loro l’Argentina, l’Italia e l’America del folk. Quando Alejandro, già studente di Composición Musical alla Universidad Nacional de Rosario e speaker per l’emittente Antena 5, decide di lasciare tutto, impacchettare i bagagli e cambiare completamente aria, si immaginava forse di trovare, in quell’Italia così piccola e lontana, esperienze diverse, nuovi spunti, nuove facce con nuovi racconti, modi differenti di attraversare il flusso multiforme della realtà che tanto spesso aveva cominciato ad abbozzare su fogli di carta pieni di note e parole di tante lingue diverse. Non sperava di certo di trovare finalmente qualcuno con cui dare corpo e suono a quella musica che fino a quel momento si era risolta fra la sua testa, la sua voce e la sua chitarra. Per caso avviene l’incontro con, Luca, che sta facendo un corso per imparare i rudimenti del mestiere del fonico e del tecnico del suono, cercando di apprendere soprattutto dall’esperienza, ha una sala prove con altri amici, suona la batteria: pian piano le cose iniziano ad incastrarsi e l’una trascina l’altra, tutte le idee che vengono proposte quasi per scherzo e per gioco si traducono in realtà con una velocità quasi prodigiosa. Luca contatta Matteo, un amico di vecchia data che nasce come chitarrista ma, estremamente versatile, si adatta prima a suonare il basso e poi il contrabbasso: nascono così i Jarred, the Caveman, nel febbraio 2013. A pochi mesi dalla formazione del gruppo, i ragazzi decidono di mettere insieme uno studio dove registrare cinque canzoni in un EP e ci si chiudono letteralmente dentro per uscire nel luglio 2013 con il loro primo lavoro, Back Into the Sinkin’ Ship, in cui alle sonorità del folk americano, che erano state all’inizio la linea guida del progetto, si sono unite anche suggestioni della scena indie europea e in particolare britannica.

Il posto che ami e che odi di piu della tua citta e perche’?

Il posto che abbiamo amato di più, è il circolo dei malfattori… è il posto dove abbiamo registrato il CD, fatta esperienza live e visti tanti artisti di grande spessore.

https://www.facebook.com/circolodeimalfattori

da odiare ce ne sarebbero anche un po’… ma neanche così tanto da essere menzionati. Più che altro è che questi locali sono anche molto belli, ma non propensi ad apprezzare un concerto live.

Ci sono libri mode musiche posti che hanno influenzato Il disco?

Sicuramente ci sono delle musiche che hanno influenzato questo album, volevamo avvicinarci ai suoni dei dischi di artisti come Langhorne Slim, Cotton Jones, Wilco, Bon Iver, The Tallest Man on Earth, Lord Huron, Gregory Alan Isakov, ecc. Al momento di scrivere alcuni testi, Alejandro stava leggendo On The Road di Jack kerouac, che indirettamente ha dato qualche spunto anche se impercettibile. Come posti, come si può intuire dall’immagine che abbiamo scelto come copertina del disco, cerchiamo di rappresentare soprattutto spazi aperti, anche se c’è un po’ di claustrofobia nel disco.

Definisci in poche righe Il disco

Le canzoni che sono all’interno di questo disco in realtà esistono e le suoniamo live da molto tempo prima di iniziare le registrazioni. A differenza di come è stato affrontato l’EP, la nostra idea per la registrazione di questo album era quella di fare in modo che tutti i 10 brani inediti avessero un suono il più naturale possibile, senza rinunciare all’impatto e al feel che solo un live può dare. Per fare questo, grazie al prezioso aiuto di Roberto e di tutti i ragazzi del “Circolo dei Malfattori”, abbiamo avuto la possibilità di usufruire, durante la chiusura estiva, del grande spazio del locale nonché della sua ottima acustica per poter registrare i nostri 3 strumenti principali (batteria, chitarra acustica e contrabbasso) in presa diretta. Per fare il missaggio ci siamo poi affidati ad Antonio Gramentieri che ha fatto un gran lavoro di post­produzione.

Definisci Il tuo guardaroba (con foto armadio se possibile)

Jeans e maglietta… qualche volta camicia a quadri. Non abbiamo armadio.

Tua musica preferita per fare sesso?
Non facciamo sesso mentre ascoltiamo musica… Infatti non facciamo sesso… XD

Qual è la cosa più bella del suonare dal vivo?

È la cosa più vicina al sesso che abbiamo! XD scherzi a parte, suonando dal vivo si è in una situazione che permette di tirare fuori il lato “selvaggio” di ognuno di noi, che nel quotidiano ci tocca tenere a bada. É una sorta di esorcismo.

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