Alphawolves – Refuge

A volte per ripartire bisogna cercare un rifugio, un luogo tanto reale quanto eterotopico, situato nell’ovunque universale o nei meandri più nascosti all’interno di se stessi, dove poter leccare le proprie ferite e sentirsi al sicuro, protetti almeno per un po’, almeno quanto basta per tornare a respirare. Un rifugio che non è certo una dimora, ma comunque un porto sicuro a cui approdare di tanto in tanto. Questo lo sanno bene gli AlphaWolves, band romana che fa il proprio esordio discografico con un album che si intitola proprio Refuge.

In realtà loro sono tutt’altro che una band emergente, ma anzi vengono da un lungo periodo di ridefinizione della propria identità musicale che parte circa tre anni fa quando ancora si chiamavano Hopes Die Last ed erano una delle band metalcore italiane più famose a livello internazionale. Il loro ultimo pezzo con quella formazione, uscito nel 2015, portava il titolo proprio di “Alpha Wolves” e da lì, da quell’ultimo capitolo di un libro che avevano ormai finito di scrivere, hanno deciso di ripartire per raccontare una nuova storia che parla di solitudine, abbandono, senso di appartenenza, bisogno di fuggire, ma anche tanto bisogno di ritrovarsi. Ecco come nasce Refuge.

Il viaggio che rappresenta questo disco inizia dalla fine, devastante ed infuocata come il titolo della traccia opener “End In Fire”, uno dei singoli estratti dalla band per anticipare l’uscita del disco (corredato anche da una suggestiva versione in unplugged registrata presso il Nova Studio di New York). Il tessuto ritmico del pezzo è un’esplosione in continua progressione (caratteristica questa che si ritrova espressa anche come costante di tutto l’album) con corposi groove di basso, drumming possenti e riff abrasivi di chitarra che si rincorrono inframmezzati da cori e hand clapping, per arrivare a spegnersi in fase finale nei cupi rintocchi di tastiera che rendono l’atmosfera ancora più criptica, oscura, malata. La tracklist prosegue poi con “Bayonets”, primo singolo estratto dalla band, che dal punto di vista musicale riprende un po’ le redini della vecchia formazione, ma ne declina le componenti secondo un gusto mutato, sfumando le sfuriate più heavy in un rock meno aggressivo, dove lo scream potente diventa canto arrabbiato, ma non per questo meno viscerale. Sulla stessa linea d’onda sono anche “Early Grey” (certamente il capitolo più potente di tutto l’album) e “Deadlight” (un rock sofferto che si apre con un incalzante drum’n’bass coronato dall’urlo straziante di “brace!” come una lama tagliente dritta al petto).

Il resto della scaletta procede, poi, alternando traboccanti stop and go con percussioni poliritmiche e ritornelli catchy, passando per un continuo andirivieni in cui la componente elettronica slitta costantemente verso dinamiche e strutture che si adagiano su atmosfere crepuscolari e rarefatte. La traccia che si distacca un po’ dal mood generale del disco è “The Strawberry Place”, dove la parte sintetica prende il sopravvento e cosparge il pezzo di un gusto retro synthwave  anni ’80, ma sempre con quel tocco fuligginoso da new wave (nella sua componente più dark) che nel profondo alimenta ogni traccia. Ultimo capitolo, invece, affidato a “Dancers”, ballad dai toni malinconici che parte in sordina per accendersi progressivamente culminando in momenti di catarsi emozionale e finire con un outro in cui si ripete lo stesso motivo di chitarra con cui era iniziato il pezzo. La chiusura di un cerchio, in tutti i sensi.

Infine, un disco realizzato con passione e intriso di sofferenza, ma anche di speranza, dove ogni dettaglio è il risultato di un’attenta cura e di un lavoro minuzioso che non passa certo inosservato, soprattutto se si considera che l’album è stato interamente autoprodotto. Come il titolo che porta, tuttavia, si tratta di un disco di transito: il primo tassello per una band che ha deciso di intraprendere un nuovo percorso musicale senza mai rinnegare la propria identità. Si dice che nel branco non ci possa essere più di un lupo alfa, ma loro scardinano ogni ordine naturale e costituiscono un lavoro corale, sinergico, collaborativo, dove ogni componente è un alfa.

Quale sarà il futuro della band  e verso quale direzione si spingeranno dopo aver trovato questo rifugio lo sapremo presto visto che loro sono già in studio di registrazione per farcelo scoprire. Intanto ci godiamo Refuge, certi di ascoltare un gran bel disco, interstizio tra ciò che è stato e ciò che sarà.

 

Tracklist:

  1. End in fire
  2. Bayonets
  3. Walk Alone
  4. Early Grey
  5. Silverscreen
  6. Woolf Like Me
  7. Deadlight
  8. The Strawberry Place
  9. Awake
  10. Dancers

 

A cura di: Francesca Mastracci

8.0

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