Ash – Kablammo!

Ritorna quello straordinario trio degli Ash, band che ha seriamente rischiato di perdersi tra passi falsi, album solo discreti e raccolte di singoli, rieccoli che ci riprovano con Kablammo!

Personalmente ricordo di averli oltremodo apprezzati ai bei tempi di 1977 e, fortunatamente, il nuovo lavoro pare proprio ripescare dal passato per ripartire alla grande. Già con l’uno-due tra il singolo di apertura Cocoon e Let’s Ride ci si dipinge un gran sorriso sul volto: batteria e basso a manetta, Tim che canticchia allegro infilando ritornelli orecchiabili e siamo subito costretti a metterle in repeat almeno tre volte.
Insomma, ritiriamo fuori i lettori cd portatili, richiamiamo il senegalese sotto casa per i cd masterizzati, recuperiamo le pump, gli invicta e andiamo a farci quattro salti mentre ci spariamo Machinery? E direi proprio di sì, più che viaggio nostalgico, Kablammo! è proprio la dichiarazione d’intenti di un trio che vuole ripartire da quello che dovrebbe saper fare meglio, anche se la carta d’identità ci ricorda che siamo più  verso gli “anta” che gli “enta”.
Free avanza con spavalderia, accompagnata dal basso di Mark e Tim che la butta sul melodico, con un testo semplice che vi si attacca subito in testa, supportato dall’immancabile falsetto del nostro.
Go! Fight! Win! vorrebbe essere una “Kung Fu” del 2015, sostituendo all’andamento punk dell’originale una pomposità da stadio di football, un sing-along praticamente immediato e un assolo di Tim pure niente male.
Moondust è davvero uno dei pezzi migliori dell’anno, quel romantico non stucchevole che sapevano fare i nostri ai bei tempi (ricordate Oh Yeah?), con un’orchestra in sottofondo mai troppo invasiva, Tim che alza i tempi alla grande e chiede alla sua lei lontana di riportare della polvere di luna.
La scrittura è quella che più aiuta i tre a portare a compimento Kablammo!, della grinta non avevo dubbi, bastava ritrovare la voglia di suonare.

Purtroppo non è tanto sorrisi e nostalgici ricordi, ché l’album arriva col fiato corto agli ultimi pezzi. Shutdown suona fin troppo formulaica, sembrando un mero riempitivo di un paio di minuti così per far figurare dodici pezzi. For Eternity sarebbe l’altra ballata dell’album, non è male, ma risulta parecchio inferiore rispetto a Moondust, con una progressione armonica basilare e un andamento che richiama gli Abandoned Pools più mosci.
Bring Back the Summer è un esperimento pseudoelettronico che Tim ha fortemente voluto per chiudere con una nota alternativa, ma risulta fin troppo lagnoso, facendoci ben rimpiangere l’estate scintillante di Walking Barefoot.
In ogni caso Kablammo! segna il ritorno degli Ash più tosti e che han capito la strada da seguire per ripartire, ora si tratta solo di non perdersi.

01. Cocoon
02. Let’s Ride
03. Machinery
04. Free
05. Go! Fight! Win!
06. Moondust
07. Evel Knievel
08. Hedonism
09. Dispatch
10. Shutdown
11. For Eternity
12. Bring Back The Summer

Recensione a cura di: Damiano Gerli

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