Cigarettes After Sex – Cry

Ci sono alcuni dischi che si apprezzano pienamente solo in relazione al restante contingente che compone la discografia di un determinato musicista o gruppo che sia. Ce ne sono altri, invece, per i quali un tale confronto si rivela essere particolarmente infame e sarebbe piuttosto meglio decontestualizzarli da tutto il resto per poterli godere davvero per quello che valgono.

Così è stato anche per Cry,il nuovo disco dei Cigarettes After Sex, uscito lo scorso ottobre per Partisan Records. Che si fosse creato attorno a quest’album una grande aspettativa da parte del pubblico è innegabile. Con il loro primo Ep del 2012, dal titolo EP I., avevano conquistato l’attenzione mediatica nel giro di pochissimo tempo grazie al loro stile crepuscolare, un sound sospeso nel tempo e nello spazio, riverberi ultraterreni e una voce androgina e sussurrata particolarmente suggestiva come quella di Greg Gonzales. A ciò si aggiungeva poi anche la sensualità dei pezzi e l’immaginario in bianco e nero che aveva costituito fin dagli albori una prerogativa della band di El Paso.

Il primo omonimo full-length, arrivato nel 2017, aveva confermato la validità di questo formato, confinandoli in una bolla di perfetta rarefazione e languida sinuosità. Il piacere di una sigaretta dopo aver fatto sesso: la loro musica si poteva davvero descrivere utilizzando l’immagine ossimorica del nome che portano. De se fabula narratur, della serie.

Ciò vale anche per Cry, il che non sarebbe certo un male se non fosse che questo nuovo disco si va ad inserire in un contesto che già di per sé era abbastanza saturo. L’album mantiene la stessa formula immutata di una virgola, complice probabilmente anche il fatto che i pezzi che lo compongono hanno visto la luce proprio a ridosso dell’uscita del primo disco.

Proprio riguardo al suo concepimento, Greg Gonzales ha dichiarato che i pezzi sono stati tutti composti in sessioni notturne arrangiate in una villa a Maiorca nell’estate del 2017. Tale ambientazione è confluita nel mood del disco, nel suo essere al tempo stesso notturno ed esotico, intrigante ed intimo, delicato e seducente. L’aspetto cinematico che da sempre contraddistingue la band è stato ribadito ulteriormente da Gonzales che nel comunicato stampa ha dichiarato di vedere il disco come un film, ambientato in un posto esotico dove sono assemblati insieme personaggi e situazioni differenti, ma che alla fine parlano tutte d’amore, bellezza e sessualità.

Ecco, proprio questo forse il problema. Cioè, parlano solod’amore, bellezza e sensualità, e lo fanno utilizzando un linguaggio che non aggiunge nulla di nuovo al vocabolario che il trio di El Paso aveva già impiegato per parlarne nei capitoli recedenti.

La coerenza stilistica, che pure è un pregio, perde di valore quando si confronta con la ridondanza esagerata. Sia chiaro, il disco è eccelso di per sé ed è comunque eseguito in maniera impeccabile, ma appunto lo è solo per un orecchio ignaro della restante produzione discografica della band. I riverberi, gli arpeggi, le linee di basso suadenti, l’atmosfera soffusa che investe la sezione ritmica, il dream pop che si mescola con un certo respiro new wave: questi gli ingredienti che rendono Cry il lato b di un discorso che era stato avviato due anni prima con l’album dal titolo eponimo. Per dire, se li si mette entrambi in riproduzione shuffle non si distingue quale pezzo fa parte di un album o dell’altro (o anche, talvolta, dello stesso album).

Infine, un ottimo lavoro, questo è innegabile, ma che lascia un retrogusto più amaro che dolce. Aspettiamo di capire quali saranno i prossimi passi della band: se continueranno ad infangarsi in questa direzione o se ci regaleranno qualche guizzo di innovazione che, a questo punto, è quello che auspichiamo tutti.

 

Tracklist:

  1. Don’t Let Me Go
  2. Kiss It Off Me
  3. Heavenly
  4. You’re the Only Good Thing in My Life
  5. Touch
  6. Hentai
  7. Cry
  8. Falling In Love
  9. Pure

 

A cura di: Francesca Mastracci

 

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