Kosmiz – Thinking About Life Experience

Si dice che il primo lavoro registrato da un musicista sia una sorta di autobiografia musicale dei propri ascolti e delle sonorità che più hanno contribuito a formare il suo personale gusto artistico nei confronti della musica. Una sorta di tributo al background sonoro di cui vengono riprese le redini al fine di inaugurare un percorso nuovo ed originale. Anche quando originalità vuol dire fare un salto temporale e spaziale che ci reimmerge a pie pari nella scena psych-folk americana dei favolosi anni Sessanta.

Questo è l’obiettivo che intende perpetrare con il suo progetto, Kosmiz, cantautore del Frusinate alle prese con il suo primo EP, Thinking About Life Experience, uscito lo scorso ottobre per MiaCameretta Records. Tuttavia, Kosmiz (al secolo Costantino Mizzoni), non è un esordiente dell’ultima ora e questo lo si sente bene dalla cura e dalla passione con cui mette in musica questa sorta di flusso di coscienza sulla sua vita esorcizzato attraverso quei richiami sonori cui si accennava pocanzi, che fanno riferimento alle radici del country-folk americano, tinte dal fervore elettrico che porta inscritto in sé un afflato psichedelico lisergico e viscerale, che come afferma lui stesso ha condizionato irrimediabilmente il suo modo di intendere la musica.

All’armonia delle linee melodiche si innestano di volta in volta strappi elettrici e nervature ritmiche a tratti anche con un beattribale, in pieno stile Cream. Ma fanno capolino dietro le sei corde anche forti richiami ai capostipiti del genere folk-rock americano, come il quartetto Crosby, Stills, Nash & Young, oltre che i Byrds e l’inevitabile riferimento Dylaniano. E non manca neppure di sentire dietro il sapore plumbeo di alcuni passaggi gli artigli degli eccelsi Velvet Underground conficcati ben in profondità nell’anima, soprattutto per quanto riguarda l’ultima traccia, “Kosmiz’s Tale”, una coda di quasi sei minuti in cui a parlare è il solo linguaggio strumentale che narra un racconto dettato da esigenze espressive in grado di far scioglie tutta la tensione catartica che si era andata ad accumulare fin dall’incipit.

Un EP che si ascolta piacevolmente, costituito da quattro tracce, le quali seguono tutte una propria traiettoria ritmica ben amalgamata con la fluidità armonica, impastando insieme un connubio di acustica ed elettronica, roots-rock americano e folk, psichedelia e blues.

Insomma, un disco che certamente non si incastra nei dettami della produzione discografica dell’epoca in cui nasce, ma che proprio per questo risulta ancora più interessante. Per i nostalgici e non solo.

 

Tracklist:

  1. Black Caiman Blues
  2. The Ballad Of Cancer
  3. Buru
  4. Kosmiz’s Tale

 

A cura di: Francesca Mastracci

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