
Quando alla fine del 2018 fecero l’ultimo concerto durante il tour promozionale del loro album d’esordio, Eternity, In Your Arms, i Creeper annunciarono a chiare lettere sul palco che quello sarebbe stato anche il loro ultimo concerto di sempre. E le loro parole furono prese abbastanza seriamente dall’unanimità dei loro fan, soprattutto perché nei mesi successivi, e per quasi più di un anno dopo, la band sparì completamente dalle scene senza dare una benché minima notizia delle loro sorti. Per tutti, i Creeper erano morti in quel giorno di novembre sul palco dell’KOKO di Londra.
Ma invece ci sbagliavamo, perché proprio nel periodo più assurdo per la discografia musicale a livello internazionale, durante la quarantena, inizia a trapelare la notizia di un album in arrivo per la band di South Hampton. Ed eccolo arrivato, il secondogenito promesso, Sex Death & The Infinite Void, che di fatto inaugura un nuovo punto zero nella discografia dei Creeper.
Quel che emerge già dalle prime note, invero, è che effettivamente i Creeper per come li conoscevamo sono morti davvero. Dismessi i panni da punkers un po’ Goth un po’ hard rock, la loro rinascita li vede tornare super in tiro, allestendo una sorta di rock opera che comunque mantiene l’appeal horror che li aveva contraddistinti fin dagli esordi, ma al tempo stesso spinge l’asticella verso un livello superiore. Si alternano momenti glam à laBowie nell’epoca di Aladdin Sane (“Annabelle”) misti a influenze Britpop (“Cyniade” e “Mystery Girl”) con sprazzi che virano ora verso il country blues (come nella profonda e oscura “Four Years Ago”) e ora verso il Gothic Romance in pieno stile Caviano (“Poisoned Heart” e “All My Friend”). E non mancano di certo neanche i grandi classici della loro discografia, quei grossi grassi innoni emo-punk (“Be My Friend” e “Napalm Girls”) in cui si sente una vaga ascendenza dei My Chemical Romance degli anni 00.
Dal punto d vista del songwriting, le 15 tracce narrano la storia di Roe, un angelo caduto sulla Terra portatore di una profezia, e Annabelle, sposa infelice che decide di scappare via con lui. La vicenda si snoda esplorando i vari stati d’animo dei protagonisti che intercalano confusione, voluttà, agonia e mistero. I vari interludi inseriti all’interno delle tracce (anticipati dall’intro temporalesco della opener “Hallelujah!”) funzionano bene e caricano ulteriormente di pathosuna già di per sé teatrale narrazione. Spicca una sopraffina ricercatezza nelle linee vocali di Will Gould, evolutesi anch’esse dalla visceralità urlata di Eternity, In Your Arms, mentre danno mostra di una buona dose di abilità tecnica che va a sposarsi molto bene con la stratificata sezione ritmica. Come apogeo, infine, giunge la suadente voce di una delle regine del Goth-rock made in UK, Patricia Morrison (delle Sisters Of Mercy), che compare nelle parte recitate in spoken e nei vari chorous (bella, a tal proposito, la performance in “Four Years”).
Infine, bel disco, ricco di spunti e influenze, accattivante e ben prodotto. Se con queste premesse parte la nuova era dei Creeper 2.0, probabilmente bisognerà aspettarsi grandi cose da loro per il futuro.
Tracklist:
- Hallelujah!
- Be My End
- Born Cold
- Cyanide
- Celestial Violence
- Annabelle
- Paradise
- Poisoned Heart
- Thorns of Love
- Four Years Ago
- Holy War
- Napalm Girls
- The Crown of Life
- Black Moon
- All My Friends
A cura di: Francesca Mastracci
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