Fake Names – Fake Names

Metti un  bel giorno, sul farsi dell’anno 2016, un gruppo di amici che, guarda caso sono anche musicisti, si ritrova nello scantinato di uno di loro e inizia a buttare giù delle idee per un progetto insieme. Metti anche il caso che musicisti in questione portino il nome niente poco di meno che di Brian Baker (Bad Religion e Minor Threat), Michael Hampton (State of Alert) e Johnny Temple (Girls Against Boys), il successo è pressoché garantito.

La parola d’ordine era stata fin dagli albori: divertimento. Poi però hanno iniziato a prenderci la mano sempre di più e hanno deciso di ingaggiare in quest’avventura un altro pezzo da novanta, uno di quei nomi grossi che ha avuto il merito di scardinare e reinventare il punk degli anni 00, ovvero  Dennis Lyxzénper (leader indiscusso dei Refused, ma anche di The (International) Noise Conspiracy e INSVN). A quel punto, quando il divertissement iniziò a farsi più serio, decisero che non sarebbe stata una cattiva idea registrare un disco insieme che suonasse come quello che stavano provando in saletta: limpido e schietto negli intenti, liberatorio e svincolato da qualsiasi dettame nell’essenza. Ma comunque niente di troppo impegnato, niente che andasse a discostarsi da quello che era il loro obbiettivo programmatico numero uno.

E così senza eccessive pretese, prendendosi i tempi e gli spazi necessari, i Fake Names, questo il nome che scelgono, decidono, a ben quattro anni di distanza dalle prime prove e con una pandemia globale in corso, di far uscire il loro primo album omonimo co-prodotto con Epitaph Records. Un progetto che nasce, dunque, parallelamente agli impegni primari delle loro rispettive carriere e che non si impone come diktat condizionante.

Pertanto, tutto quello che ci si deve aspettare da questo disco, ancora prima di iniziare l’ascolto, è la traduzione in musica della dichiarazione di intenti che lo precede di cui abbiamo fatto menzione pocanzi. Niente di rivoluzionario o particolarmente elucubrato, ma nel complesso piacevolmente godibile per tutta la mezzora su cui si spalmano le dieci tracce che lo compongono. Punk-rock di vecchia scuola con una parte melodica consistente, cosparsa in profusione da power-pop e alt-country, facendo incursione di tanto in tanto in suggestioni hardcore, così, tanto per non perderci troppo la mano.

Quale che sia il loro intento su eventuali pubblicazioni future non ci è dato saperlo. Forse non sarebbe troppo esaltante ripetere questo esperimento nelle stesse modalità con cui ha preso forma, ma certo è che preso così per come si presenta, capitolo a se stante, parentesi unica rispetto ai loro altri progetti, ci convince.

 

Tracklist:

  1. All For Sale
  2. Driver
  3. Being Them
  4. Brick
  5. Darkest Days
  6. Heavy Feather
  7. First Everlasting
  8. This Is Nothing
  9. Weight
  10. Lost Cause

 

A cura di: Francesca Mastracci

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