GAZEBO PENGUINS – Monk 04/12/2022

GAZEBO PENGUINS

MONK 4 DICEMBRE 2022

Live report a cura di: Francesca Mastracci

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L’ultima volta che avevo visto i Gazebo Penguins live era stato proprio al Monk nell’ottobre del 2021. Le regole stringenti in materia di assembramenti anti-Covid aveva richiesto sedute contingentate e mascherine per (quasi) tutta la durata. Tornare, dunque, ad un loro concerto nella forma e nelle dinamiche che meglio riescono a coronare la loro musica era già di per sé come tornare a respirare dopo l’apnea. In aggiunta a questo, però, per quanto riguarda il concerto di ieri sera c’era sicuramente molta curiosità nell’ascoltare in anteprima i pezzi del loro nuovo album Quanto, in uscita per Garrincha Dischi e Toloselatrack il prossimo 16 dicembre. Quella di far precedere la release ufficiale da 4 date di presentazione in giro per l’Italia per far ascoltare in presa diretta gli inediti è stata senza dubbio una scelta coraggiosa ed etica, estremamente in linea con il loro modo di concepire la musica, che mira a ridare centralità all’esperienza dal vivo come momento essenziale per una band e per il suo pubblico.

Quindi ieri sera al Monk abbiamo assistito alla prima delle prime e sì, c’era tantissimo hype diffuso.

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Mentre il parterre sottopalco inizia a riempiersi, si sentono molti commenti su come  si pensa possa essere questo nuovo disco: si ipotizzano sperimentazioni, preconizzando qualcosa che sia completamente dissonante rispetto al passato, e si sventa addirittura l’eventualità di cambi di rotta drastici, che comunque non sono proprio nelle loro corde ed effettivamente i due singoli che avevano estratto nelle scorse settimane sarebbero bastati per darne conferma.

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Capra, Sollo, Piter e la new entry Riki aprono il live proprio con “Nubifragio”, che già conosciamo a memoria, e ci vogliono  davvero poche note per far partire il pogo. Il resto della presentazione, fatta eccezione per l’altro singolo conosciuto “CPR14”, procede meno movimentata (ma neanche troppo) perché siamo tutti super attenti a cogliere appieno ogni aspetto delle nuove tracce. L’acustica da live-club non si presta in modo eccelso agli ascolti attenti, lo sappiamo bene, e quindi ci lasciamo coinvolgere da tutto il resto: l’atmosfera frenetica, i corpi che si spingono, le luci sparate, e quei i muri di suono impenetrabili che tanto ci sono cari, capaci di far convivere pesanti sfuriate e momenti di distensione ovattata che potrebbero durare all’infinito. Sono pezzi che scardinano il loro nucleo e lo lasciano vagare nell’iperspazio sonoro, per richiamare il titolo del disco, che in fisica indica proprio il frammento più piccolo ed indivisibile di una grandezza. Qualcosa di infinitesimamente piccolo  eppure così essenziale nella sua unicità.

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La prima impressione, comprovata poi dai molteplici ascolti in solitaria che ho fatto del disco tornando a casa, è quella di trovarsi di fronte alla prosecuzione naturale di Nebbia (del 2017). Ci sono molte soluzioni ritmiche che lo richiamano in maniera anche abbastanza esplicita, ma questo non ci è dispiaciuto affatto. Anzi! Al netto di tutta la loro discografia, credo che il pregio più grande della band di Correggio sia proprio questo; riescono ad essere fedeli a se stessi fino al midollo, quasi in modo sfrontato, senza per questo mai risultare ripetitivi  (cosa che, e possiamo dirlo con molta tranquillità, altre band nella loro condizione hanno fatto). C’è qualcosa in quel loro modo di essere così profondamente viscerali che li rende autentici artigiani del post-punk/emocore italiano e li allontana, preservandoli, da ogni compromesso.

Finita la scaletta con i sette pezzi nuovi, e tolta di mezzo quell’ansietta da prima prova ch comunque un po’ li aveva colti, possono tirare un sospiro. Due secondi e si riparte con la seconda metà del live, dove sono protagonisti alcuni dei loro pezzi più famosi (“Il tram delle sei”, “Finito il caffè”, “Difetto”, “Bismantova”, “Nebbia”, “Febbre”, “Atlantide”, “Pioggia” e ovviamente “Senza di te”, che chiude l’encore)

Piedi in aria, costole che imprecano pietà, mosh pit che si susseguono senza tregua. Finisce il live che siamo tutti in un bagno di sudore collettivo. Sudore e lacrime.

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