Indiepanchine Night, Monk (ROMA) – 03.06.2023

Live report a cura di Francesca Mastracci

Photo gallery di Daniele Maldarizzi

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Inizio giugno. Sebben intervallato da un acquazzoni improvvisi e piogge dislessiche, il primo caldo inizia a farsi timidamente sentire nella capitale. E questo significa che è giunto ormai quel momento dell’anno in cui i live club cedono il posto ai palchi all’aperto per l’organizzazione della programmazione estiva.

Ma c’è ancora qualche ultimo colpo di coda prima di chiudere la stagione in bellezza e noi ce lo concediamo più che volentieri.

Così ci ritroviamo al Monk per assistere ad una serata organizzata da Indiepanchine, da anni ormai punta fissa nella programmazione della musica dal vivo per la scena alternativa romana.  La rassegna vede come protagonisti Wepro, al secolo Marco Castelluzzo, che per l’occasione presenta la release ufficiale del suo primo disco omonimo, e Vipra aka Giovanni Cerrati, ex voce e frontman della band Sxrrxwland.

L’apertura è affidata a due band molto diverse tra loro, ma che riescono bene a coinvolgere il pubblico e scaldare l’atmosfera.

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I primi a salire sul palco, con lieve ritardo rispetto alla tabella di marcia, sono i Tribunale Obhal, band del pesarese ormai all’attivo dal 2015 che inizia a pestare pesante sin da subito e, senza indugi, tra poderose schitarrate e batterie cavalcanti ci fa fare un tuffo negli anni d’oro dell’hard rock più verace con le loro sonorità vintage ma comunque non troppo stantie. E a loro non dispiace la rievocazione ottantiana, visto che si presentano con un  look che ricorda inequivocabilmente quegli anni (il cantante indossa un salopette slacciata per metà con il torso nudo e una bandana nera intrecciata tra i lunghi capelli in stile Axl Rose).Tra vaghe rievocazioni stoner-metal e incursioni thrash, passa la prima mezz’ora.

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Veloce cambio di palco ed arriva il momento dei 1789, band romana che qualche mese fa ha pubblicato il primo disco sotto questo nome (fino a poco più di un anno fa erano conosciuti come Sadside Project, ndr). Il disco, Faro, lo conoscevamo bene e avevamo avuto modo di parlarne insieme a loro in un’intervista che potete trovare qui, ma è stato ancora più piacevole sentirlo suonare dal vivo. Nella dimensione live, infatti, la band mette in rilievo la sua potenza sonora attraverso melodie soavi, snodate attorno a riff robusti e nervature ritmiche consistenti, in un disvelarsi progressivo di pulsazioni garage blues. Tratteggiano uno scenario carico di atmosfere intime e profondamente evocative (con pezzi come “Eva 0-2”, “Alderan”, “Il dente del giudizio”, “Loot”) creando un unicum nel contesto generale della serata. Davvero una bella carezza!

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Finito il loro set, si cambia nuovamente registro e sale sul palco un Wepro super carico che parte subito in picchiata con “Giuriamo che mai”. Il resto della sua scaletta è una sequela esplosiva di brani che di rado danno tregua. Si balla, ci si agita, si cantano a squarciagola i suoi ritornelli a presa diretta (come “Blu Cristallo”, “Nofriends”, “Cieloterra”, “Come mi vuoi”, “Amore Punk” e “C.N.G.R.”), accennando addirittura ad un vago ricordo di mosh in alcuni tratti. Il suo alt-rock, venato di punk, si apre spesso a squarci elettronici, presenti in maniera abbastanza massiccia nel disco, ma ridimensionati in sede live, dove i campionamenti effettati lasciano il posto alla musica vera, quella suonata di pancia. Distorsioni diffuse e trionfanti che abbracciano testi ben scritti in cui il cantautore romano traccia storie in cui si parla di vita vissuta e di quel bisogno imperante di rivoluzione ( quella vera e non una delle tante “che prende il nome di chi ne parla ma non la fa” – da: “Vangeloprimo”) . I bpm si abbassano in pochi casi, distendendo l’apparato melodico su sonorità più morbide, ma quando lo fanno ci regalano interpretazioni emozionanti, come “Perdere così” e la struggente “Il senso delle piccolo cosec he sono grandi” suonata al piano. Chiusa con un grande classico del suo repertorio “DRAM!”. E via!In un bagno di sudore generalizzato, i tecnici operano al cambio palco per l’ultimo artista in scaletta.

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Tempo 10 minuti e il palco si riempie di musicisti che dal look rievocano il look degli Idles (almeno quello dell’ultimo tour) con vestiti merlettati, blazer e barbe villose. Ma poi entra in scena Vipra e il contrasto è interessante da osservare: look emo punk, capelli lunghi incollati al viso e aspetto emaciato. Basta poco per far scatenare il panico tra il pubblico sottopalco che si riempie di giovani. Fondendo insieme trap, hip-hop e ancora acerbi ammiccamenti post-punk riesce bene a tenere in piedi il live insieme alla sua band. Gran parte della scaletta è incentrata sul suo ultimo disco Musica dal morto uscito da qualche mese, un concept album in cui ogni pezzo è associato a un artista italiano scomparso: “Prendo come modello i grandi del passato per prendere in giro i fenomeni di oggi”. Questo è quanto ha dichiarato Vipra. Dal canto nostro possiamo dire che le potenzialità per non essere lui stesso solo un fenomeno ci sono, ma staremo a vedere. Comunque il live è stato trascinante e ha dimostrato di saper maneggiare con cognizione la commistione di missggi crossover e melodie itpop.

Una serata lunga e variegata, insomma, ma sicuramente interessante. Bravi tutti!

 

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