Intervista ad Amenta

“L’arte dell’autodistruzione” è il quarto album di Carmelo Amenta. È composto da dieci storie d’amore ammaccate e da una cover, in versione garage, dei CCCP. Le atmosfere dark wave che contraddistinguono il disco fanno da colonna sonora a lettere non spedite e considerazioni mai compiaciute né retoriche. È una sorta di riflessione amara ed ironica sulla fine di una storia d’amore. Autoironico, ma molto spesso, intriso di quella malinconia che Amenta sa trasporre in note con tanta sapienza da farci sentire il dolore dentro le nostre ossa, deboli e mortali come le sue.

1)Ciao!! Presentati. Da dove vieni, chi sei?

Ciao! Sono Carmelo Amenta. Vengo dalla Sicilia e vivo in un paesello della provincia di Siracusa. Ho pubblicato quattro dischi e amo il vino rosso, le streghe e i gatti.

2)Quale è l’artista che maggiormente ti ha inspirato? Sapresti consigliare un lavoro uscito negli ultimi 5 anni che ritieni veramente degno di nota? Perché?

Musicalmente sono un onnivoro, amo il death metal quanto il jazz. Vengo dal blues ma ascolto un sacco di rock. La band che amo di più sono i Cardiacs, ma non ne trovi traccia nei miei lavori.

Il mio disco preferito degli ultimi cinque anni è probabilmente “This is all yours” degli Alt-j. Dentro c’è di tutto e nonostante questo è originale in ogni sua parte. Quello che ho ascoltato di più nel periodo che mi indichi è “Pylon” dei Killing Joke, un disco potentissimo.

3)Parlaci un pochino del tuo ultimo lavoro. Come è nato?

“L’arte dell’autodistruzione” è una sorta di concept sulla fine di una relazione sentimentale. Ho cominciato a scriverlo alla fine del tour del mio album precedente nel 2014. Un concentrato di lettere mai spedite, di cose non dette, sopra un tappeto sporco da sfuriate dark wave. E’ stato registrato al Born to Grill e prodotto artisticamente da Carlo Barbagallo, esce per Altipiani a fine febbraio.

4)Quale é l’artista più sopravvalutato e quello più sottovalutato sulla scena musicale italiana e non e perchè?

Non ne ho idea. In Italia non esiste una scena alternativa da anni, quello che si spaccia per indipendente è una parodia della scena ufficiale; blaterano di Tenco e cantano come Pupo. Credo quindi che sia l’intera scena indie italiana ad essere sopravvalutata e che ad essere sottovalutato sia invece Jim Jones: in tutte le sue incarnazioni è incredibile e ha fatto un disco più bello dell’altro.

5)Progetti per il futuro?

Cucinare la pasta e fagioli più piccante e buona di tutti i tempi.

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