Intervista Franc Cinelli

Franc Cinelli è un cantautore londinese di chiare origini italiane che, dopo una gavetta fatta di innumerevoli pub e sale concerti in giro per l’Inghilterra ha iniziato a catalizzare l’attenzione del grande pubblico con il suo blues/folk semplice ma molto diretto.
La lunga gavetta è stata ripagata con esibizioni in alcuni dei più noti locali folk newyorkesi e statunitensi in generale, dove il musicista ha suonato in un recente tour. Alla vigilia della presentazione del nuovo album, "I have not yet begun to fight" siamo andati ad intervistarlo.

1. Partiamo da te: Franc Cinelli nasce a Roma e cresce tra Inghilterra e Stati Uniti, suona tutti gli strumenti del suo album e canta in inglese. Sembra una vita piùttosto movimentata, ti va di raccontarci la tua storia?

Sono nato a Roma ed ho vissuto a Londra da quando ero piccolissimo; diciamo che mi sono sempre sentito un londinese con il cuore italiano. In America non ho mai vissuto ma ho trascorso parecchio tempo la suonando, facendo le mie tournèe da solo ed imparando il mio mestiere. Sono venuto a Londra con la mia famiglia quando avevo quattro anni e mentre sono cresciuto nel mondo Londinese la nostra famiglia è rimasta sempre strettamente Italiana perciò ho avuto l’opportunità di conoscere già da piccolo queste due culture. Poi’ sono andato in cerca della musica Americana che ho sempre amato sin da piccolo, il blues & il country, da quando sono andato a suonare negli Stati Uniti, si è formato questo trio di culture che rappresentano me e la mia musica.


2. Parlando del tuo background: quanto il tuo girovagare per il mondo (sopratutto anglosassone) ha influito sulla tua musica?

Girovagare. Mi piace tanto questa parola. Assolutamente si, direi che ha influito la mia musica tantissimo. Ho imparato il mio mestiere viaggiando tutta l’Inghilterra e gran parte dell’America suonando in tantissime sale; grandi e piccole (piene e vuote). Queste esperienze mi hanno insegnato l’importanza del primo impatto della canzone e come comunicare con il pubblico cosa difficilissima specialmente se suoni davanti ad un pubblico che ne non ha mai sentito i tuoi pezzi. Girovagare e’ stato, ansi, e’ ancora la mia scuola di songwriting.

3. Se guardiamo all’aspetto musicale, si sente forte nelle tue note l’ispirazione Dylaniana più di altre, sopratutto nella voce che, d’altronde, era ed è il segno distintivo di Bob Dylan. Quanto ha influito su di te il cantautore di Minneapolis?

Questo per me e’ un grandissimo complimento. Dylan e’ un personaggio che mi ha sempre accompagnato sulla mia strada. Ha un repertorio così vasto che c’e’ sempre da incuriosirsi in qualcosa di nuovo ed e’ un artista che stimo tanto perche’ soprattutto, anche dopo 50 e passa album ,continua a spingersi con le sue liriche e i suoi arrangiamenti. Comunque detto questo, avere come paragone Bob Dylan non e’ un ombra piccola in cui trovarsi sotto. Io mi concentro a tenermi sulla mia strada ed a spingermi a trovare cose che mi fanno provare emozioni nuovi, poi se si sente o no una forte ispirazione ad un’altro artista , ben sia.


4. "I have not yet begun to fight", non ho ancora iniziato a combattere, è una bella dichiarazione d’intenti per un titolo di album, non trovi? Perchè questa scelta?

E’ una frase detta da John Paul Jones, non il bassista dei Led Zeppellin ma un comandante navale Americano. Combatteva con gli inglesi alla fine del 1800, e le stava prendendo. Quando un suo comandante gli chiese se fosse era giunta l’ora di arrendersi lui gli risposi.."arrendersi?? I have not yet begun to fight!" Mi ha colpito questa frase ed e’ perfetta per il punto in cui mi trovo adesso.


5. Nelle tue canzoni si raccontano storie, vite di personaggi ora malinconiche, come in "Fat Charlie sings the blues" o in "Fall into heaven", ora allegre e divertenti, ad esempio "Abracadabra". Quanto reali sono i personaggi che canti? Sono parti della tua fantasia o comunque sono personaggi o storie reali che poi hai musicato?

Per questo album mi sono trovato a scrivere prima la musica e poi le storie. Mi sono sentito molto più libero scrivendo in questo modo allora mi sono divertito a creare storie di posti e personaggi. Sicuramente in queste canzoni c’e’ sia la mia fantasia che personagg veri, personaggi che ho incontrato strada facendo. Fat Charlie Sings The Blues per esempio parla di un musicista blues che gira e ri-gira e si ritrova sempre a Denmark Street, una strada al centro di Londra dove ci sono solo negozi di chitarre e locali dove si suona. Ci sono passato anch’io di li e di Fat Charlie ne conosco parecchi.

6. Una canzone che mi ha molto sorpreso è "A bigger picture", che si distingue dalle altre per il suo andamento più veloce e quasi rock, comunque un po’ più distante dagli altri componimenti. Ha una genesi particolare?

Ero rimasto completamente incantato da i Tinariwen; gruppo musicale del Mali che suonano una musica eterea scritta e suonata nello stile del Mediorente ma presentato con strumenti occidentali; e’ un blues tutto loro. Sono andato a cercare un attimo queste ritmiche che per me erano nuove e diverse. Nello stesso periodo sono andato a vedere una mostra dell’artista inglese David Hockney alla Royal Academy di Londra e la mostra si chiamava "A Bigger Picture"; mi ha mostrato come ci si riesce a vedere una cosa conosciuta , anche vecchia con occhi nuovi e scoprire una nuova energia. E’ di quello che parla la canzone.

7. Molto belle anche le canzoni d’amore, nel più classico stile blues sono molto malinconiche: Anche in questo caso sono è quello che c’è dietro che mi interessa. Sono pezzi scritti in un periodo particolare della tua vita o la loro genesi è stata più lenta nel tempo?

Tutte le canzoni dell’album le ho scritte in tre mesi dalla fine dell’estate scorsa (2012). Era un periodo diciamo un po’ movimentato per me e mi sono immerso nei pezzi, sono andato alla ricerca di quello che mi serviva. Ero nel mio piccolo un John Paul Jones.

8. In questo album decidi anche di pagare un tributo all’Italia scrivendo, per la prima volta, una canzone in italiano. Come mai hai sentito questo bisogno? È stato un semplice tributo o possiamo aspettarci altro in futuro?

Spero che possiamo aspettarci altro in futuro, dico spero perche’ la canzone arriva quando e’ bella e pronta. Non e’ che caschi dal cielo c’e’ tanto lavoro dietro una canzone pero’ l’attimo d’ispirazione che apre la porta al pezzo arriva quando arriva. Scrivere “Passera’”, non e’ stata una scelta decisiva, direi come tutte le canzoni più interessanti se non quelle che riescono a colpire quel po’ in più e’ arrivata così, inaspettata. Mi ha sorpreso molto questa frase così semplice, “anche questo passera’”, che proprio in quel periodo mi trovavo in un punto che avevo bisogno di sentirmi dire esattamente questo, e mi ha dato forza . Era una delle prime che ho scritto per l’album, anche se l’arrangiamento e’ cambiato diverse volte, l’ho sempre vista come un punto di riferimento importante per tutte le altre canzoni sull’album.

9. Questa primavera hai suonato due volte alla Royal Albert Hall, palcoscenico che è stato calcato da musicisti del calibro di Led Zeppelin e Paul McCartney. Cos’hai provato a suonare su quel palco? Vuoi raccontarci anche la storia di come sei finito a suonare la, in apertura ai concerti di Ligabue?
Erano due serate molto speciali per me per entrambi i motivi; la Royal Albert Hall e’ sicuramente una sala molto importante e dove , abitando a Londra da quando ero piccolissimo, sono stato tantissime volte ma ugualmente per avere l’opportunità di aprire le due serate a Ligabue. Sicuramente ho provato emozioni molto forti e spero di tornarci presto. Ci sono arrivato strada facendo. Se uno crede in se stessi e continua a lavorare e spingersi le porte piano piano si aprono, io la vedo cosi.

10. Cosa ti aspetta nell’immediato futuro?

Spero che l’album nuovo sara’ ben ricevuto e spero di continuare a fare tour in Italia, una cosa che e’ abbastanza nuova per me. E’ un emozione diversa per me quando sono sul palco e canto in inglese ma tra un pezzo e l’altro parlo in italiano non lo so perche’ ma mi piace molto. Sento che riesco a connettere bene con il pubblico e mi sento a mio aggio. Per il futuro.. mi aspetto di essere sorpreso da quello che mi viene incontro.

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