Intervista Pietro Berselli

Avevo incrociato Pietro Berselli durante una recensione qualche tempo fa, con “Debole (Senza Regole) EP. Il suo lavoro mi era piaciuto, ma non mi aveva entusiasmato particolarmente perché amo un genere musicale più veloce e diretto. Poi salta fuori la possibilità di avere un’intervista e il minimo che si possa fare è fare due chiacchiere con questo artista per capirlo meglio e tirare fuori quel lato che non mi era arrivato con un primo ascolto.

Ciao Pietro, innanzitutto grazie mille per avere accettato di fare una chiacchierata con me e di non avermi mandata a quel paese per averti rifilato un 6.5 per il tuo precedente lavoro! Ci puoi parlare del cantautorato di oggi? Quanto è difficile essere un cantautore? Quali sono invece i vantaggi espressivi?

Ciao Valentina, ci mancherebbe, sono io a ringraziarti per l’opportunità, ne sono davvero felice! Penso che la concezione di cantautorato stia finalmente cambiando e si stia appropriando di aree musicali che prima potevano risultare precluse. Ormai la concezione vecchia secondo la quale nel cantautorato la musica è solo un accompagnamento per i testi sta piano piano svanendo e ciò mi rende molto felice. Musica e testo ora sono allo stesso livello e in quanto a parolieri qui in Italia il livello è altissimo. Basti pensare a quel capolavoro di suoni che è DIE di Iosonouncane, alla cura nella produzione dei brani di Verano con l’omonimo EP, agli ultimi due lavori di Cosmo o a quel gioiellino che sono, a mio parere, La rappresentante di lista, senza contare l’esperienza di gruppi come Il Teatro Degli Orrori e gli Offlaga disco pax, che mi sento di includere nel cantautorato e che sono stati per me dei maestri nel ricercare il suono delle parole senza ridurne il significato o la potenza e senza prevaricare l’importanza della musica. La difficoltà sta nel portare avanti questa idea di scrittura senza cadere nella tentazione di sacrificare il contenuto per fare LOL. Il panorama compositivo d’altro canto, con tutte le sue possibilità, ora è estremamente vasto, non c’è uno stile cantautorale di riferimento, siamo i più liberi e penso che questo sia un enorme vantaggio espressivo. Nel mio piccolo, ci sto provando.

Cosa racconti nel tuo nuovo lavoro, “Orfeo l’ha fatto apposta”? Contiene un brano del tuo precedente Ep, è una sorta di continuazione del primo lavoro? O una storia che cresce?

In Orfeo l’ha fatto apposta racconto semplicemente come meglio posso tutto quello che mi è successo negli ultimi tre anni della mia vita, parla di quelle situazioni su cui bisogna soffermarsi e riflettere e la maggior parte delle volte, sono quelle che fanno più male. Il mito qui è solo una copertura, una maschera dietro la quale c’è una breve e concisa autobiografia in cui spero qualcuno riesca a immedesimarsi. In questo disco sono presenti anche le canzoni del precedente EP con un nuovo arrangiamento. La loro composizione appartiene allo stesso periodo delle altre canzoni del disco, erano destinate ad essere insieme. Penso al precedente EP come ad una costola di Orfeo.

Rapporto con la stampa: ogni tanto capitano redattori simpatici ed empatici con il tuo lavoro … e ogni tanto capito io che ho sempre il dente avvelenato nei confronti dei cantautori. Come riesci ad affrontare bene questi momenti?

Sono sempre aperto alle critiche, uno degli errori più stupidi che si può fare è quello di credere di avere la verità in tasca. Ammiro le critiche sincere, supportate da conoscenze e padronanza dell’argomento. Nel momento in cui capita un’occasione come questa in cui mi viene data la possibilità di spiegarmi, si avvera, a mio parere, quello che dovrebbe essere la critica, cioè un approfondimento dell’opera in cui si cerca di comprendere davvero se c’è qualcosa da dire oppure no. Nel momento in cui capisco che una critica è fatta solo con la pancia, le do il peso che merita. In quel caso si tratta di un’opinione e gli opinionisti proprio non li sopporto.

Quali sono le parti che preferisci del tuo lavoro? Lo studio di registrazione? Interviste? Concerti?

Sicuramente i concerti. Il contatto con il pubblico mentre si suona è la cosa che mi dà più soddisfazione. Se riesci a creare quella tensione tra te e il pubblico senza interromperla, significa che hai fatto bene il tuo lavoro.

Il tuo genere musicale è molto intimo, si crea un rapporto stretto con il pubblico e di solito si suona in spazi piccoli, tu invece suoni anche in spazi più grandi come Santeria Social Club. Riesci lo stesso ad avere lo stesso raccoglimento? Senti differenze?

Beh a dire la verità la Santeria Paladini 8 è stato uno degli spazi più piccoli in cui abbiamo suonato, e nell’ultimo anno siamo riusciti ad arrivare su palchi che mai avremmo immaginato tra cui, ad esempio, il Gran Teatro Geox in apertura ai Garbage. La dimensione in cui mi sento più a mio agio è il palco, dove si può creare il giusto movimento con la band. Ora infatti portiamo in giro Orfeo l’ha fatto apposta, un disco elettrico con tanta energia, supportato da una band vera e propria.

Che tipo di musica ascolti? Hai qualche band/cantante preferito?

Posso provare a rispondere citando i Tv on the Radio come gli Eels, i New Order e Joy Division, i The Cure, Fever Ray, i Noir Désire, Verdena, Offlaga Disco Pax e quelli che ho citato sopra, ma la lista è troppo lunga!

Vai spesso ai concerto oltre a farli? Che tipo di sensazioni raccogli nel pubblico, ovviamente sia quando sei sul palco che sotto.

Certo, andare ai concerti è fondamentale, è materiale di studio, solo in questo modo si possono scoprire nuovi artisti e in questo l’importanza dell’esistenza del gruppo spalla è fondamentale. Poi far parte del pubblico è rilassante, godersi uno spettacolo senza ansia è bellissimo! Nel pubblico sento tantissima voglia di immedesimazione, di lasciarsi guidare e dimenticare per un’ora tutto quello che c’è fuori.

La musica indie sembra godere di buona salute, ma sembra difficile trovare spazi per esprimersi, anche tu hai incontrato difficoltà?

Come tutti, anch’io incontro difficoltà, è una strada difficile per più motivi, ci vuole impegno, costanza, la testa dura, collaborazione ferrea e bisogna saper mantenere la leggerezza d’animo per non farsi schiacciare dalle delusioni sempre dietro l’angolo. Gli spazi per esprimersi ci sono eccome, bisogna impegnarsi per riuscire ad andarci a suonare!

Di che musica hanno bisogno i ragazzi di oggi? E’ un momento difficile per tutti, la buona scuola che buona non è, lavori precari e in voucher, disoccupazione, molti che cercano una vita migliore all’estero … cosa cercano i ragazzi che ti seguono?

È vero è un momento difficile per tutti. Molti di noi iniziano a capire che il futuro non gli appartiene più, e sono terrorizzati, altri continuano a negarlo e fingono di essere negli anni 80. Credo che la cosa di cui abbiamo più bisogno (tutti, ragazzi e non), soprattutto in momenti come questo, sia la cultura. Con la cultura si è padroni di se stessi, ci si può salvare, con la cultura si può diffidare con giudizio, ci si può ribellare senza bisogno del vaffanculo plateale (quello lo teniamo per il bar e per farci quattro risate, che ci fanno bene) ma con delle serie ragioni alla mano. Penso che la musica di cui i ragazzi hanno bisogno, sia quella con un contenuto (nel senso più ampio) vero, lontano dai qualunquismi, dal sorrisino e dalle promesse altrettanto facili. Penso che quelli che mi seguono apprezzino la disillusione che propongo, la frustrazione, la rabbia, anche se di fatto, parlo quasi solo d’amore, penso che riescano ad immedesimarsi e per me è una cosa bellissima.

Dì ai lettori di Ondalternativa perché devono assolutamente ascoltare il tuo nuovo disco, “Orfeo l’ha fatto apposta” e perché devono vederti live.

Fate come Valentina e date al cantautorato una possibilità! Se venite al concerto ancora meglio, così vi scardiniamo l’idea di cantautore indie dalla testa.

Grazie ancora del tempo che mi hai dedicato, possiamo dire che noi siamo l’esempio di stampa e artista che riescono ad andare d’accordo pur con divergenze? Mi perdoni?

Niente da perdonare, mi trovi d’accordo! TI ringrazio ancora per l’opportunità Valentina, un abbraccio!

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