Intervista The Chasing Monster

Ognuno di noi ha un mostro che lo rincorre nella propria mente: questo è il messaggio, chiaro e netto, da cui prende forma il credo di una band nostrana, di Viterbo precisamente, che a gennaio ha fatto il proprio esordio discografico con un lavoro accattivante e suggestivo, dal quale noi di ONDALTERNATIVA siamo rimasti piacevolmente colpiti. Loro sono, per l’appunto, i The Chasing Monster e il loro primo album, uscito per Antigony Records porta il titolo emblematico di Tales. In effetti, il lavoro che hanno realizzato è una vera e propria raccolta di racconti, sia musicali che verbali, in cui il rock corposo, a tratti dalle reminescenze più heavy, viene arricchito dalla presenza di parti recitate. Ancora più carica è poi la versione deluxe dell’album,  Today, Our Last Day On Earth, con la presenza di Atti, inframmezzati tra i vari pezzi, ad intensificare ulteriormente l’apparato dello story-telling con una storia che funge da cornice per le tracce di cui si compone l’album. Nella data zero del tour, lo scorso 11 marzo al Wishlist Club di Roma, c’eravamo anche noi e abbiamo colto l’occasione per scambiare due chiacchiere con la band.

 

Ciao ragazzi e grazie per l’intervista! Allora, come nasce il progetto dei The Chasing Monster? Da dove viene la scelta di questo nome?
Il progetto è partito inizialmente alla fine del 2014-inizi 2015. Della formazione originaria attualmente sono rimasto solo io (Leonardo); ci sono stati vari cambi nella line-up fino alla formazione attuale (Leonardo – prima chitarra, Edoardo – batteria, Riccardo – basso, Daniele e Alessio – chitarre). Il progetto è partito per passione e per la voglia di dimostrare qualcosa soprattutto a noi stessi. Sul nome ci abbiamo pensato parecchio all’inizio; abbiamo vagliato varie possibilità e poi ci è venuto in mente The Chasing Monster, il mostro che bracca, che rincorre, e lo abbiamo identificato con la parte più oscura che sta all’interno di ogni essere umano. Noi gli abbiamo dato questa accezione, quella del mostro, come se ognuno di noi avesse un mostro dentro  che ogni tanto preme per uscire fori (è interessante che a questo punto dell’intervista si sente un fortissimo rumore di bassi per il soundcheck dei Forecast, la cui esibizione è prevista nel corso della serata. Casualità? Mah. Intanto noi scoppiamo tutti a ridere). Il trucco comunque sta nel cercare gli equilibri per mantenerlo dentro, cercare i mostri che abbiamo dentro e non quelli che sono fuori di noi.

Chi è che recita in inglese nelle parti di spoken? È qualcuno di voi?
No, nessuno di noi. Ci hanno dato una mano due nostri amici, appunto perché nelle parti recitate in inglese serviva un’ottima pronuncia e quindi abbiamo puntato su quello. Lui è madrelingua perché è inglese, lei fa la traduttrice e comunque è stata molti anni in America. Quindi abbiamo voluto puntare sulla qualità dal punto di vista della pronuncia.

Però la scelta di utilizzare solo musica e parola recitata è una scelta controtendenza o comunque molto coraggiosa da fare …
Diciamo che più che una scelta all’inizio è stato quasi un obbligo. Inizialmente, infatti, eravamo in tre e non avevamo il cantante; cantavamo io e il bassista e allora abbiamo pensato di fare qualcosa di diverso e quindi abbiamo optato per il recitato. Poi ci siamo resi conto che la strada che avevamo imboccato era valida e ci piaceva, abbiamo avuto buoni riscontri e quindi abbiamo deciso di continuare con questo tipo di impostazione. Anche perché, dai, il modo che hai per uscire fuori è o seguire la tendenza, ma devi comunque riuscire a risalire e a spiccare rispetto agli altri, oppure andare controtendenza. O l’uno o l’altro. Noi abbiamo scelto l’altro.

Ci sono però in “Albatros” delle parti cantate con degli scream. Quelle invece chi le fa?
Sì, ci sono parti cantate in Albatros con dei cori in cui c’è la mia voce e quella di Edoardo e poi c’è lo strillo finale che è stato registrato da Edoardo.

Invece la collaborazione nel pezzo “La Costante”con il chitarrista degli Acres, Theodor Freidolph, com’è nata?
Ho iniziato con lui un rapporto di amicizia, virtuale ovviamente, essendo lui inglese. Però abbiamo parlato a lungo e a lui il progetto piaceva molto, quindi è stato parlando, così, senza niente di progettato. Ed è venuta fuori una collaborazione. Di solito i featuring sono quelli che si fanno con i cantanti. Noi ce ne siamo fregati e abbiamo optato per quest’altra soluzione, che comunque è andata bene, anche perché in questo tipo di scena musicale è difficile trovare assoli di questo genere, o cose simili. È quasi impossibile. Quindi, anche per il discorso di prima sull’andare controtendenza. Poi nessuno esclude un futuro featuring con un cantante.

Hai parlato di “Albatros”, che è anche la mia preferita tra l’altro …
È un po’ la preferita di molti in realtà.

Bene, allora! Quanto c’è comunque di Baudelairiano nel pezzo?
Spunti. Solo spunti, ma neanche troppo. C’è più di Schopenhauer in “The Porcupine Dilemma”, soprattutto nella parte iniziale, di quanto ci possa essere in “Albatros” di Baudelaire. C’è, anzi, molto più di Coleridge.

E appunto, quali sono i vostri riferimenti, sia musicali che letterari. Perché, ovviamente, nel vostro caso i due si intrecciano reciprocamente dal momento che quello che vi proponete di fare è narrare storie
Vanno un po’ secondo forme di pensiero diverse, in base a quella che è la nostra cultura in generale che ci indirizza. Tutti noi conoscevamo la storia del Dilemma del Porcospino di Schopenhauer ed era una visione che ci interessava di approfondire e affrontare. Anche perché quello è un vero e proprio dilemma e noi abbiamo dato quella che per noi poteva essere la soluzione o comunque la nostra interpretazione. Quindi noi prendiamo spunto così, di cose che ci interessano e non abbiamo dei punti fissi ma anche esperienze personali nella vita di tutti i giorni. Ogni canzone non è per forza collegata a qualcosa. Libri, fumetti, videogiochi, serie televisive, qualsiasi cosa. “The Girl Who Travelled The World” , ad esempio, è stato basato su un romanzo tratto da un videogioco.

Come avviene il processo di scrittura dei pezzi? Partite da un concept che sviluppate prima nella parte recitata o in quella musicale? O le due cose avvengono insieme?
Diciamo che può variare molto questa cosa. Per esempio, nell’ultimo pezzo, “Today, Our Last Day On Earth”, avevamo in mente come finirla e quindi abbiamo cercato di spostare la musica proprio di modo che avesse un’atmosfera all’inizio che poi decadesse verso la fine. Nelle altre canzoni anche comunque sostanzialmente è venuta prima l’impostazione sonora e poi abbiamo aggiunto le voci. Per quanto riguarda la stesura dell’album, quella normale, non quella estesa deluxe, è stato fatto questo come processo. Cioè prima la scrittura del pezzo nella parte musicale e poi l’approccio vocale. Per quanto riguarda la versione deluxe, invece, visto che ci sono degli Atti che intercorrono tra un pezzo e l’altro, il lavoro è stato diverso perché ci siamo visti e abbiamo creato (perché lì non abbiamo preso troppi spunti esterni) una storia, una situazione, un contesto che potesse racchiudere un concept ben predefinito dell’album, che solo grazie agli Atti si riesce a cogliere. E lì abbiamo scritto prima la parte parlata, e poi abbiamo applicato, anche in base alla lunghezza degli Atti, il sottofondo musicale che è diverso dalle altre tracce

Dunque manterrete questa impostazione?
A noi piace. Non escludiamo altri lavori diversi in futuro, magari anche un featuring con un cantante, come dicevamo prima. Però c’è il fatto che a noi piace e, come si dice, “cavallo che vince non si cambia”

Questa è la data zero. Sono previste altre date?
Per il momento è sicura la data del famoso festival Dunk in Belgio, il 27 maggio. Poi sicuramente a giugno ci sarà una data. E poi non ci sbilanciamo troppo. Lasciamo che escano man mano. Però al Dunk sarà sicuramente un bel contesto perché, oltre ad essere un bel festival, quest’anno ci sono molti nomi importanti (Earth, God Is An Astronaut, We Lost The Sea)

Complimenti ragazzi e buon proseguimento!
Grazie mille a voi e un ringraziamento speciale anche al team di Antigony, che ha creduto in noi!

a cura di: Francesca Mastracci

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