Intervista Zero In On

Nati 12 anni fa, gli Zero in On sono dei ragazzi provenienti dal sud della Svizzera. Anni di gavetta e di undergound, compilations e autoproduzioni, ecco chi gli Zero in On. Ondalternativa ha avuto l’opportunità di fare due chiacchere. Tra un mojito e una birra rinfrescante…buona estate.

Ciao, come è nata l’idea di formare una band?
Eravamo 3 teenagers con le reazioni tipiche di quell’età, con la passione comune per la musica. Per ognuno di noi suonare era naturale ed essenziale, come respirare. La band si è formata in modo spontaneo, prima di dire a noi stessi siamo una band.

Nella vostra musica è possibile trovare influenze che derivano dal pop, metal e dalla musica sperimentale. Devo dire che siete riusciti ad ottenere un ottimo equilibrio, come ci siete riusciti? Avete gusti a comune, o ognuno ci ha messo del suo?
In effetti, in quanto a gusti e influenze musicali, siamo molto diversi tra noi. Questo per noi non ha mai rappresentato un ostacolo ma anzi, ci ha permesso di creare una musica eclettica, dove le idee e i sentimenti di ognuno riescono a fondersi, formando composizioni dalle mille sfaccettature. E’ una caratteristica atipica. Infatti spesso i ragazzi si riuniscono proprio per il fatto avere dei riferimenti musicali molto simili, cercando di imitare i loro idoli comuni. Credo che la musica che facciamo abbia molte influenze, perchè non si puo’ vivere sotto una campana di vetro, ma allo stesso tempo abbia una connotazione originale poichè non abbiamo mai permesso a nessun genere di inquadrarci e schematizzarci.

Come mai avete deciso di fare un EP invece di un full lenght? Come mai vi siete buttati sull’acustico?
Fondamentalmente siamo un gruppo elettrico, come si puo’ verificare dai nostri 3 precedenti album. Improvvisamente abbiamo avuto sete di semplificazione e voglia di risaltare maggiormente l’essenza delle composizioni e l’espressività della voce, così ci siamo lanciati in quest’avventura unplugged. Come nostra abitudine, abbiamo voluto fare le cose fino in fondo e per questo ci siamo recati ai Waterfront Studios, ad Hudson (NY), dove l’ingegnere Henry Hirsch e la sua assistente Rachel Alina ci hanno accompagnati in una produzione totalmente analogica. Hirsch ha lavorato con molti big ed essere là attorniati da dischi d’oro e di platino ti mette una certa pressione ma puoi anche renderti conto della professionalitestrema e della serietà con la quale doveroso lavorare. Il risultato finale ci piace molto, le sonorità e l’ambiente, tangibili in questo EP, sono esattamente quello che volevamo ottenere. La scelta di produrre solo 5 pezzi è dovuta alla nostra insicurezza. Non avendo mai fatto nulla di acustico, ci sembrava rischioso fare un intero album. Ora, col senno del poi, forse un po’ ci spiace. Stiamo comunque già buttando idee per un prossimo progetto.

Parlateci un pò della nascita di "Hey you".
“Hey You" è nata da una riflessione sull’indifferenza di sentimenti che contraddistingue la nostra società. E’ una canzone intensa, forse di non facile ascolto ma emotivamente toccante. Penso che la frase "Spiegami come riesci a sorridere mentre un fiore sta morendo" riassuma bene l’intero significato e il ripetere "Hey you" vuol catturare l’attenzione dell’ascoltatore. Hey tu, sto parlando a te, proprio a te! Tra l’altro, con questa canzone, siamo in questo momento tra i semifinalisti del contest internazionale "Insigned Only Music Competition" basato a Nashville. Siamo molto orgogliosi e felici di questo riconoscimento ed ora aspettiamo con trepidazione l’annuncio dei finalisti, sperando che il lupo crepi alla grandissima. 🙂

Siete nati in Locarno. Come è la scena musicale la?
Locarno una piccola cittadina della piccola Svizzera, nazione di soli 7 milioni di abitanti, con 4 lingue nazionali, modus vivendi e culture molto differenziati. Forse tutto questo ti insegna la convivenza e l’accettazione dell’altro ma allo stesso tempo ti induce ad essere riflessivo, non precipitoso. La lentezza e la tranquillità stereotipi degli svizzeri, si riflette anche sulla scena musicale che per altro, sembra non avere vita facile in nessun posto. A Losanna, per esempio, abbiamo suonato all’openair de la musique e nel backstage ci ha raggiunto un organizzatore, armato di un contatore di decibel, che ci ha gentilmente resi attenti che non si possono superare i 93 decibel e ha fatto firmare al nostro tecnico del suono un foglio dove avrebbe garantito di non infrangere questa soglia, pena per la trasgressione, una multa di 2’000 Fr. (circa 1700 Euro)! Penso che questo aneddoto possa rappresentare bene la scena musicale qui da noi.

Come è nato il vostro nome?
E’ nato nella cucina di una nostra amica, durante una spaghettata. L’intento era di trovare un nome facile da pronunciare anche per i non anglofoni, evitando con cura di scegliere una cosa che ci collegasse con un determinato stile. Zero In On è un verbo che significa mirare al bersaglio o andare al nocciolo della questione e ci sembrato rispecchiare i nostri intenti.

Parliamo un pò di songwriting. Scrivete la musica tutti insieme, o ognuno scrive la sua parte separatemente?
Un mix delle due cose. Normalmente è Elias, il cantante-chitarrista, che compone l’anima del pezzo e si presenta in sala prove con un giro armonico e il testo. Da lì il batterista Mattia e il bassista Gian-Andrea, costruiscono le loro parti. Quando un prodotto grezzo è stato creato, insieme procediamo ai ritocchi e agli arrangiamenti. In questo lavoro siamo molto democratici: ognuno interagisce, scarta, allunga, propone altri ritmi, insomma un lavoro di squadra.

Stessa domanda per i testi. Da dove prendete ispirazione?
Come dicevamo è sempre Elias a scrivere i testi nei quali esprime esattamente quello che pensa, quello che a volte sono sue riflessioni su temi di discussione affrontati in comune, a volte sono il concentrato delle sue personali angosce o gioie. Le sue parole sono sempre concise, toccanti e a volte spregiudicate. Elias scrive anche poesie in italiano e questo suo lato poetico si rivela anche nei testi in inglese e nelle parti che suona al pianoforte.

Come è stare sul palco? Parlateci un pò dei vostri fans..
Stare su un palco è sicuramente il lato più emozionante ed appagante per un musicista. Lì si sprigiona l’energia, lì si vede l’intesa della band. L’interazione col pubblico ti ricarica, rende tangibile la percezione che la gente ha di quello che stai facendo. E’ una cosa straordinaria, impagabile! Il nostro pubblico, in genere è molto eterogeneo, abbiamo dei fan di 12 anni ma anche di 60. Il nostro pubblico è come la nostra musica, senza etichette.

Piani futuri?
Continuare! 🙂 Ultimamente abbiamo avuto diversi riconoscimenti in concorsi internazionali e questo ci incoraggia nella strada tutta in salita di una band indipendente. Stiamo cercando di organizzare dei mini-tours all’estero per promuovere appunto l’EP "Somebody Stole The Clouds" (booker italiani: a buon intenditor poche parole) 🙂 Alcune nuove composizioni sono già nell’aria, non ci fermiamo mai. Come potremmo visto che la musica il nostro respiro?


a cura di meskio

un ringraziamento a Laura @ JaLaMedia

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