Kurt Vile Live Report

Kurt Vile Live @ Biko (Milano)

03 – 04 – 2014

Quando il circolo Arci che questa sera ospiterà il live di Kurt Vile non è ancora a distanza tale da rientrare

nel tuo raggio visivo potresti erroneamente arrivare a pensare che si tratti di un Giovedì come tanti altri

se ne susseguono nei calendari.
Fatti pochi passi in più, la massa indefinita che si riversa sul marciapiede ti

spinge prima a tentare di mettere meglio a fuoco l’immagine che ti ritrovi di fronte per poi abbandonarti

ad una sensazione di scoramento che una voce interiore farebbe suonare un po’ come un lapidario “non

entreremo mai”. E si capisce, quindi, che questo non è un Giovedì come gli altri. Unica data italiana per Kurt

Vile a presentare i pezzi del tanto chiacchierato Wakin on a Pretty Daze.
O almeno così si credeva.

Ad aprire lo show c’è Pall Jenkins, leader dei Black Heart Procession, con il suo nuovo progetto solista.

Riscoperta delle tradizioni del ventennio dorato del songwriting 60’s e 70’s, su canzoni folk principalmente

malinconiche ma dalle linee melodiche decisamente avvolgenti, per un’accoglienza del pubblico che va al di

là della mera sopportazione che spesso si riserva ai guests.

Innegabile però che la muraglia umana che si è venuta a creare tra il piccolo palco del Biko ed il resto della

sala, e che rende pressochè impossibile vedere nulla a chiunque si ritrovi dalla quarta fila in poi, sia tutta lì

per Kurt Vile.
Cantore di Philadelphia particolarmente tenuto in considerazione da un pubblico di estrazione

Pitchforkiana, conosciuto prima grazie ai The War On Drugs e poi autore di album in proprio sempre più

apprezzati da un pubblico in crescita. L’ultimo Wakin on a Pretty Daze ha confermato e, se possibile,

amplificato le qualità già espresse nel precedente Smoke Ring For My Halo.

Peccato che la serata di oggi veda il capelluto americano esibirsi in versione solo, con buona pace di chi

avrebbe voluto abbandonarsi alle trame vagamente psichedeliche e sicuramente rock create dal Kurt Vile

affiancato dai Violators.

Il risultato di questa scelta è un set di canzoni scarnificate fino al midollo, riportate forse allo stato originale

in cui erano state inizialmente concepite. Pare quasi di ascoltare versioni demo dei pezzi che abbiamo

imparato ad amare negli ultimi album. Intorno alla metà del set l’improvvisa benevolenza di buona

parte del pubblico verso i poveri derelitti, che fino a quel momento Kurt Vile si erano dovuti limitare ad

immaginarlo, spinge tutti gli astanti a sedersi in modo che chiunque possa finalmente vedere. Un po’

questo ed un po’ l’intimità creata dalle canzoni contribuiscono a creare un’atmosfera di vaga familiarità che

addolcisce la serata.

Parliamoci chiaro, l’amaro in bocca resta. Kurt Vile da solo in acustico è un artista molto diverso da quello

apprezzato su disco ed in versione full-band. Le canzoni perdono buona parte del proprio potenziale

di coinvolgimento, lasciando in primo piano le doti canore del ragazzo.
Che non sono propriamente

leggendarie. Forse sarebbe il caso di lasciare il giudizio in sospeso in attesa del prossimo passaggio dalle

nostre parti. In compagnia dei Violators.

Live Report a cura di Captain Eloi

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