Live Report Bush

Live report Bush
04/09/2012 @ Circolo degli Artisti
Roma

Son passati tredici anni da quando ho visto i Bush per l’ultima volta, davvero, non son mica pochi oh. Fu al Palacisalfa (ora Atlantico), in compagnia di seicento persone circa, quando suonarono per il tour di Science of Things. Ho diversi bei ricordi di quel concerto, nonostante fossi un povero adolescente sfigato e dunque, l’occasione di rivedere finalmente Gavin Rossdale a Roma mi è stata piuttosto gradita. Naturalmente una buona metà della band è cambiata, come saprà chi ha seguito le lunghe vicissitudini legate alla registrazione dell’ultimo album The Sound of Winter, ma insomma la cosa non ha scoraggiato nè me nè gli altri nostalgici della serata.
Effettivamente il pubblico era di età media leggermente più elevata del solito concerto rock, diciamo che si aggirava più intorno agli “enta” più che ai “enti”, ma direi giusto così. Non parliamo d’altronde di un genere che andava di moda nel 1993?
Prima della band inglese, c’era il corpulento leader dei Lord Byron, di cui ammetto francamente di non conoscere nulla, con una chitarra acustica con pedale a suonare cinque-sei pezzi. Un buon intrattenimento, sicuramente.
Quel che spesso preoccupa un fan di una band che scompare per anni dalle scene per poi ricomparire è la mancanza di energia, riunirsi per motivi meramente commerciali. Non sembrerebbe proprio essere il caso dei Bush, vista l’energia sprigionata da subito con Machinehead in apertura. Il pubblico, apparentemente un poco freddo, ci ha messo pochi minuti a scaldarsi e a ritornare subito con il cuore a quegli anni, quando il grunge andava forte e s’intravedeva perfino in classifica.
Naturalmente nella scaletta di Gavin e soci ha fatto da padrone l’ultimo lavoro, che mi aveva convinto poco su disco a causa della pessima produzione di Bob Rock, ma che dal vivo acquista quella giusta dose di muscoli da renderlo piuttosto piacevole. Diverse gradite ripescate dal primo album (addirittura Alien!), i giusti singoli da Razorblade Suitcase (straniante la totale neutralità del pubblico su Greedy Fly) e qualche comparsa da Science of Things. Totalmente ignorato Golden State, nonostante, insomma, non mi pare abbia fatto niente di male per meritarsi tale sorte.
Il grondante Gavin non ha mancato di esibirsi in una scenetta esilarante per ordinare tre birre dal bar del Circolo degli Artisti, scegliendo ironicamente di esprimersi in spagnolo, quando penso che in inglese l’avrebbero capito comunque! Non è mancata anche la passeggiata tra il pubblico durante Afterlife, che perlomeno è servita a distogliere l’attenzione da un singolo così così.
Quel che mi ha fatto rimanere perplesso dall’esibizione della band inglese è stata la scelta di riempire l’encore con due cover, di Pink Floyd e Beatles oltretutto.

Non tanto perchè siano state offensive, direi piuttosto insipide, ma perchè sprecare tempo quando ci sono quattro album, di cui uno totalmente ignorato, con cui riempire la scaletta? Vabbè, poco male.
Alla fine della serata, eravamo tutti grondanti di sudore come Gavin, felicemente riuniti nella celebrazione di bei tempi andati. Torneranno prima dei prossimi tredici anni?

a cura di Damiano Gerli
un ringraziamento a Brizio @ Circolo degli Artisti

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