Live Report Kvelertak

Live Report Kvelertak,
Roma, Traffic Club
21/03/2013

La primavera non sembra riuscire ancora ad arrivare, quando usciamo dall’auto e ci schiattiamo dal freddo, pensando a come si deve stare invece in Norvegia.
E’ una serata all’insegna del vichingo e del sidro, ebbene sì, stiamo andando a vedere i Kvelertak, nella loro prima visita nella capitale, ospitati dal Traffic, ormai vera ancora di salvezza per chi cerca buoni concerti ultimamente.

Ad aprire per i nostri, a locale ancora praticamente semivuoto, troviamo i Grime, nordici italiani portatori di un Doom piuttosto classico, lento e con una discreta dose di aggressività, senza accelerazioni o grandi sorprese. Si lasciano ascoltare, ma non ci resteranno particolarmente in mente.
Subito dopo, arriva un buffo cappellone sul palco con tanto di megafono al seguito, tastiere, tre chitarre… cosa sta succedendo? Costui è nientecocòdimenoche El Doom & The Born Electric, in questo caso potremmo dire “papà d’arte”, visto che suo figlio è uno dei chitarrista dei Kvelertak. In ogni caso, Ole Petter Andreassen non è nuovo sulle scene, essendosi già fatto un nome come produttore e cantante. In questa veste di folle intrattenitore, devo dire, non mi è sembrato particolarmente credibile, però si vede che si diverte e ci tiene a far divertire. La proposta musicale è un progressive particolarmente aggressivo, con un drumming sfiziosissimo ibrido tra Danny Carey (Tool) e Gavin Harrison. Nel frattempo Ole prendeva un megafono, si agitava, prometteva t-shirt gratuite a chi indovina chi fosse suo figlio… insomma non s’è risparmiato. Bravi, decisamente da risentire.
Finalmente, puntuali alle 23:30, arrivano i Kvelertak e non si risparmiano, iniziando subito con le polveri da sparo con un uno-due micidiale con Spring fra livet e Mjød, quest’ultima da cantare a squarciagola con l’inno a Odino.
Il blackened drink’n’roll (sì, me lo sono inventato, ma sono un giornalista musicale, è nostro mestiere inventare) dei nostri regge benissimo dal vivo, con l’attacco delle tre chitarre che non lascia scampo e un lavoro alle pelli davvero notevole, in linea con la serata.
Quello che, quando mai, m’ha lasciato stranito è la assoluta immobilità della gran parte del pubblico, che decisamente mal si sposava con l’energia a mille dei giovani norvegesi.
Arrivano anche i pezzi nuovi tratti dal nuovo album Meir (purtroppo non in vendita in versione cd quella sera), tra cui il gran singolo Månelyst e poi, finalmente un po’ di movimento da parte dei morti viventi presenti con la eccellente Blodtørst.
Per la chiusura i nostri, forse per vedere anche un po’ di giusta agitazione da parte del pubblico, decidono di scendere tutti quanti dal paclo durante Utrydd dei svake, facendosi gran risate. Forse era una mossa da fare anche prima. I norvegesi non torneranno, lasciandoci così senza un saluto, ma la loro simpatia e voglia di far bene era evidente, così anche le capacità tecniche. Bravi bravi bravi. Grazie a loro (Takk folkens!), grazie a Stefano, grazie al Traffic.
Per il caro pubblico, eccetto pochi eletti, imparate a muovervi quando è il caso eh?

A cura di Damiano Gerli

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