Live Report Olafur Arnalds

Live Report Olafur Arnalds,
Chiesa Metodista, Roma

Appuntamento alla Chiesa Metodista di via XX Settembre a Roma per il concerto di Olafur Arnalds.
Nonostante l’apparente eccentricità del luogo sacro, questo non suonerà certo nuovo agli appassionati di concerti elettronici, avendo visto l’alternarsi di diversi artisti tra cui The Tallest Man on Earth, l’anno scorso, e Nils Frahm. La sacralità del luogo ben si presta al minimalismo elettronico dell’islandese, questa volta accompagnato da tre violini e una viola, più un collaboratore dedicato a synth e, occasionalmente, trombone. Una compagine decisamente diversa dalla scorsa volta in cui ho assistito a un suo concerto, a Sesto al Reghena, ove era accompagnato solo da due violini e una viola e il sound sembrava beneficiarne di più.

Croce e delizia per l’impianto di luci: efficacemente fastidiosi i faretti puntati sui violinisti, in grado di ripercuotersi diligentemente sui posti stampa, ma efficaci i neon piazzati dietro al palco.
Se avete già avuto occasione di assistere ai concerti del simpatico artista islandese, saprete che questo utilizza un repertorio di storie ed esperimenti sonori ipercollaudato, iniziando con una piccola collaborazione con il pubblico, chiamato a intonare diverse note che verranno poi sfruttate come intro.
C’è stata occasione di presentare qualche brano tratto dal nuovo album, For Now I Am Winter, tra cui il bel duetto di Hands, Be Still e Only the Winds, più diversi ripescaggi da Living Room Songs e And They Have Escaped The Weight Of Darkness.
Fa capolino anche la trista Poland, sobrio racconto di una notte passata a bere per dimenticare un lungo viaggio su strade sconnesse.
Dopo un’ora tutto finisce; il bis sarà breve ma intenso, con l’ormai immancabile Lag fyrir Ömmu, dedicata alla nonna scomparsa e sempre in grado di risvegliare emozioni intense nel pubblico, tra cui una ragazza quasi inconsolabile in terza fila.

Il piccolo genietto islandese non delude le aspettative, l’inconfondibile calore ed emozione che traspare da ogni nota elettronica è sua preziosa esclusiva, perfino nei in casi in cui le canzoni sono state ispirate da vasche da bagno. Resta, però, la netta sicurezza che Olafur la seconda volta non sia proprio la stessa cosa, sarà la curiosa pedissequa ripetizione del suo repertorio di storie o gli esperimenti già visti, ma mi viene naturale pensare che la seconda volta si vada in primis per ascoltare nuove canzoni; le emozioni non saranno mai le stesse.

A cura di Damiano Gerli

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