Mighty Mighty BossTones – When God Was Great

Nuovo disco per i pionieri dello ska-punk made in USA, i bostoniani fino al midollo Mighty Mighty BossTones, che da quasi quarant’anni militano nel panorama dei ritmi in levare a stelle e strisce.

Uscito a maggio, a tre anni di distanza da While We’re At It, l’undicesimo disco della band inaugura l’entrata nel roster di Hellcat Records, vedendo la co-produzione dell’amico e collaboratore di vecchia data Ted Butt e da Tim Armstrong dei Rancid. Il disco si intitola When God Was Great ed è un concentrato in 15 pezzi di quella che è sempre stata la loro indole negli anni: una fusione di ska e punk in cui si incontrano, amalgamandosi, ritmiche scanzonate dal tono vivace (come il singolo “What It Takes” o il distico iniziale di “Decide” che si riversa esplodendo in “M O V E”)con momenti, sia musicalmente che liricamente, più pacati e sostenuti (come la titletrack o la ballad “Certain Things”, piena di fragilità e morbidezza, o anche la cover dei Creedence Clearwater Revival “Long As I Can See the Light”).

Nel mezzo anche temi importanti, che cercano di farsi commenti sociopolitici ad eventi che ormai arrivano diacronici, come nel pezzo dedicato all’uccisione dell’afroamericano George Floyd “The Killing of Georgie (Part III)”.

Finale super epico con “The Final Parade”, quasi otto minuti in cui, guardandosi indietro, scrivono una sorta di lettera d’amore allo ska e coinvolgono più di trenta artisti tra vecchi membri e tournisti saliti insieme a loro sul palco negli anni, e amici storici, oltre che familiari e produttori.

Infine, un disco piacevole che finisce per essere l’esatto prodotto di quello che si aspettavano di creare: “divertimento puro” (questo il motivo per cui il pezzo sopracitato sull’uccisione di Floyd ha destato una serie di perplessità, inserito in un tale contesto e trattato con determinati toni, ndr). Se si cerca nel disco qualcosa di originale ed alternativo, inutile quasi dirlo, non lo si troverà. Ma a loro, in fondo, piace così e quindi un plauso particolare va fatto alla loro coerenza. Vero, però, che fare 11 dischi senza mutamenti ad un certo punto rende il risultato finale anche non troppo necessario. Ma, sostanzialmente, questo è uno dei credo del genere di cui innalzano sempre meno artisti la bandiera. Quindi, alla fine dei conti, è un bene anche che sia così.

 

Tracklist:

  1. Decide
  2. MOVE
  3. I Don’t Believe In Anything
  4. Certain Things
  5. Bruised
  6. Lonely Boy
  7. The Killing Of Georgie (Part III)
  8. You Had To Be There
  9. When God Was Great
  10. What It Takes
  11. Long As I Can See The Lights
  12. The Truth Hurts
  13. It Went Well
  14. I Don’t Want To Be You
  15. The Final Parade

 

A cura di: Francesca Mastracci

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