NoN – Sancta Santotum

Un concentrato di atmosfere cupe e sonorità new-wave prese nella loro variante più scura e malinconica: questo è l’abstract ridotto ai minimi termini per definire Sancta Sanctorum, ultimo lavoro del trio fiorentino NoN.

L’album esce a due anni di distanza da Sacra Massa, il loro esordio discografico giunto dopo dieci anni di gavetta e in seguito a una serie di vicissitudini che li ha portati più volte a cambiare nome (ultimo dei quali è stato NonViolentateJennifer), sperimentando anche diversi generi musicali, a partire dai primi passi mossi all’insegna del prog-metal fino al successivo orientamento verso la dark-wave influenzata dalle sonorità stratificate in stile Diaframma, incespicando qua e là nel post-punk di ascendenza CCCP. È con questo LP, però, che i NoN definiscono senza margine di dubbio quella che è la loro identità musicale, attraverso dieci brani tersi, intrecciati in distorsioni di chitarre, vibrati di bassi, drumming avvolgenti e virate elettroniche che esplorano dimensioni timbriche in costante tensione (a tratti anche claustrofobica) rendendo il suono ricco attraverso sovra-incisioni di synth e strumenti poco convenzionali, come campane e barattoli metallici. Traccia dopo traccia il disco scava nel profondo, insinuandosi nei meandri più oscuri delle inquietudini esistenziali che attanagliano l’essere umano. La dimensione più politica e sociale del disco precedente fa spazio qui ad una ragionata visione intimistica di se stessi, risultato probabilmente delle profonde letture di Charles Bukowski (non a caso troviamo la dedica allo scrittore statunitense in una traccia, “Bukowski piange”, in cui viene citata la parte finale del suo omonimo racconto). Già dall’intro entriamo nel vivo di quello che è lo spirito dell’album con la traccia che emblematicamente dà il nome al disco e che è una vera e propria invocazione liturgica: Sancta Sanctorum, la parte più sacra ed inviolabile del tempio ebraico, diventa la metafora del vuoto custodito nelle profondità più viscerali di ognuno di noi. La liturgia subito sconfina in blasfemie di suoni e rievocazioni letterarie nel pezzo successivo, “Bukowski piange”, per poi distendersi al ritmo di beat cadenzati e violoncello (rigorosamente distorto anch’esso) in “Tutto il mondo sotto un sasso”. Si riparte poi in modo deciso con “Così felice” e “La tela del ragno” a ritmo di riff potenti e strascichi di ondate in vibrato che si tingono ancora di più di nuances cupe in “Come l’ombra” (cover irriconoscibile di un brano del Trio Lescano, utilizzato da Bernardo Bertolucci nel film Il conformista).

Nell’album, però, fanno la loro comparsa anche brani la cui melodia si distende verso morbidi abbracci dal suono più caldo, come “Sostanza” (che in nove minuti ci sprofonda in un torpore sensuale e catartico) e infine, subito prima della chiusa, la resa acustica di “Reti e pareti”. L’ultima traccia racchiude il disco in se stesso, nella sua soffocante morsa dark, rappresentando così una coerente chiusura per una porta che non si è mai aperta del tutto.

01. Sancta Sanctorum
02. Bukowski piange
03. Tutto il mondo sotto un sasso
04. Così felice
05. La tela del ragno
06. Come l’ombra
07. Ancora resto
08. Sostanza
09. Reti e pareti
10. La paura

a cura di: Francesca Mastracci

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