Radio Zero – Vecchi treni resistenti

Quei Vecchi Treni Resistenti a cui accenna il titolo dell’album sono proprio loro, i Radio Zero, la band toscana all’attivo dal 2002 che, nonostante le varie e svariate vicissitudini subite nel corso degli anni (tra cui molteplici cambi di formazione), ha dimostrato di essere in grado ancora di macinare i kilometri con la tenacia e la persistenza di chi ormai appartiene alla vecchia guardia.

Con quest’ultimo album, quasi interamente autoprodotto, il gruppo resta fedele, infatti, al punk irruente ma disincantato di fine secolo, tenendo sempre lo sguardo fisso sul rock più classico. L’atteggiamento da punkers un po’ Old School li accompagna lungo tutto il percorso delle undici tracce che compongono la track-list, anche se non mancano, però, all’occorrenza venature screziate di ritmi blues (caldo come nel brano “Il suono” o nella sua variante più elettrica di “Sonika rivoluzione”) o anche vagamente folk (in particolar modo “Vecchi treni”, con tanto di armonica a bocca a contornare l’arpeggio di chitarra e l’incedere ritmicamente movimentato di batteria). Schitarrate elettriche condiscono tutti i brani, ma sono particolarmente protagoniste in pezzi in cui l’influenza rock è più marcata, come in “Vecchia Storia”, o nelle distorsioni dell’intro di “Sonika rivoluzione” e ancora, “Parlami di te”, brano che ricorda in qualche modo “Direzioni diverse” de Il Teatro Degli Orrori, forse per la simile propensione verso il cantato-parlato che gioca spesso sulle ripetizioni martellanti di parti del testo. Pezzi movimentati dal ritmo incalzante, come “Elettricità” e “I giochi”, che rappresenta anche una chiusa degna per l’album, fanno da controcanto a pezzi in cui il ritmo rallenta, ma solo per poco, come “Portami via”, uno dei brani più intimistici dal sapore quasi da rock ballad. Coerentemente con la produzione precedente della band, la dimensione introspettiva che assume l’album, non cessa mai di avere una propria risonanza politica, più o meno marcatamente scandita. Risalta in particolar modo, da questo punto di vista, “Sangue e fragole”, brano che era stato estratto in un sette pollici già un anno fa e in cui, come anche ricorda il titolo riferendosi all’omonimo film di Haggman, vengono ripercorse le tragiche vicende della Diaz di Genova e a quelle di Bolzaneto.

Un buon lavoro, dal sapore di un frutto che ha raggiunto la propria maturazione tanto tempo fa, ma che ha mantenuto nel corso degli anni lo stesso gusto fresco di quando era attaccato al ramo. Così, i Radio Zero, restando legati alla matrice punk che li ha formati, non rinunciano di farsi interpreti dei sentimenti di ribellione e frustrazione che avevano scandito i loro esordi musicali. La svolta che li ha segnati, però, è stato il passaggio dall’inglese all’italiano come lingua dei propri testi. Una scelta abbracciata coraggiosamente, senza troppo preoccuparsi che il punk e l’italiano da molti vengano ritenuti cozzare insieme. Questione di posizione e di scelte. Loro, dopo molti anni di gavetta, hanno acquisito una propria ricchezza espressiva che si esplica nei testi quanto nei suoni. E dove la ricchezza non è scontata, non ci sono accostamenti che non stiano bene insieme.

01. Giorni di domma
02. Vecchia storia
03. Il suono
04. Parlami di te
05. Splendida notte
06. Sonika rivoluzione
07. Sangue e fragole
08. Elettricità
09. Vecchi treni
10. Portami via
11. I giochi

a cura di: Francesca Mastracci

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