Raised Fist – Anthems

Settimo album in studio per la band svedese punk-hardcoreRaised Fist, all’attivo ormai da più di un ventennio. Anthems, uscito lo scorso novembre via Epitaph, rappresenta il loro ritorno sulle scene musicali dopo una quasi totale assenza durata quattro anni, in seguito al mezzo flop che rappresentò From The North, album che non aveva troppo convinto i fan a causa della marcata deriva melodica che stava prendendo il loro sound. E beh, non si può certo dire che con questo ultimo lavoro abbiano rimesso i puntini sulle ‘i’, anzi. Perché Anthemssi presenta proprio come una sequela di dieci pezzi un po’ scollati l’un l’altro, che spingono al massimo l’asticella del radio friendlyper creare, come appunto rivela il titolo del disco, un album di pezzi inneggianti che però restano sempre sul filo del rasoio, in bilico tra il tipo di sound urgente ed incazzoso che era stato tipico della band nella prima fase della loro produzione discografica e una componente più rilassata che invece cerca di adattarsi ad una (neanche troppo sentita) esigenza programmatica da parte della band nel voler creare un nuovo sound sotto l’egida del power rock/heavy metal, fortemente alimentato da passaggi groovy ammiccanti reiterati in maniera periodica (e a tratti anche abbastanza prevedibile).

C’è comunque da riconoscere che il risultato complessivo è quello di un prodotto, ben realizzato dal punto di vista compositivo e sicuramente di grande effetto nella resa live. E, nonostante uno spostamento del baricentro ritmico verso forme più canoniche ed adagiate, i Rised Fist mantengono comunque una certa coerenza stilistica di base. Le chitarre continuano ancora a fare il loro losco mestiere (come nel pezzo “Seventh”, che sembra volerci ricordare che anche dietro questa nuova veste restano sempre la band hardcore figlia degli anni Ottanta) e i rullanti risuonano ancora compatti come mitragliatrici (come in “Shadows”). C’è anche il recupero dell’afflato punk  più viscerale in “Into This World” e del rapcore old school in “Polarized”.

Insomma, sicuramente un disco composito e ben prodotto che si lascia ascoltare bene, ma che comunque non dà mai quella svolta in più di godibilità che pure farebbe presagire. Definirlo “il punto più basso nella carriera della band” è forse un pelo eccessivo, perché comunque diciamo anche che la caduta non è di certo avvenuta da un picco altissimo di definizione qualitativa eccelsa ed inarrivabile. Certo è che il disco si presenta abbastanza distante dai primi lavori, questo sì, ma comunque non si tratta di un album completamente da scartare. Forse ciò che manca a questo punto della loro carriera è capire verso quale direzione vogliono spingersi, se di là o di qua della lama, e magari prendere una definizione più definita.

 

Tracklist:

  1. Venomous
  2. Seventh
  3. Anthem
  4. Murder
  5. Into This World
  6. Shadows
  7. Oblivious
  8. Polarized
  9. We Are Here
  10. Unsinkable II

 

A cura di: Francesca Mastracci

7.0

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