Sigur Ros Live Report

Live Report
Sigur Ròs
Piazza Napoleone, Lucca
27/07/2013

Andare a vedere un concerto dei Sigur Ros, band islandese di fama mondiale, non significa andare a vedere un normale concerto rock, significa assistere ad uno spettacolo di luci, suoni e colori frutto di una ricerca costante dell’armonia tra i sensi e di una sensibilità artistica fuori dal comune. Per questo probabilmente l’audience era composta da una quantità assai assortita di persone, dal vecchio hippie scalzo alla famiglia di mezza età con la bambina per mano, ai metallari con magliette nere e toppe sullo zaino.
La band, osannata da Björk, che con i suoi primi album Von e �gætis byrjun ha anticipato le sonorità del doppio capolavoro dei Radiohead Kid A e Amnesiac, crea uno spettacolo visuale che, pur lontano dai fasti barocchi di altre band note per la grandiosità dei loro concerti (ad esempio i Muse) non lascia indifferenti gli occhi e il cuore. Il palco e le scenografie sono estremamente semplici nella loro complessità: un grande schermo da stadio sovrasta un palco pieno di una enorme quantità di strumenti, dai più classici ai più esotici, in cui spiccano, come unico elemento scenico, una serie di paletti con sulla cima lampadine ad incandescenza.
Nell’ormai consueta cornice di piazza Napoleone a Lucca, teatro di uno dei festival musicali più interessanti dell’estate nostrana, si inizia in perfetto orario con Georg, Orri e Jonsi salgono sul palco in compagnia di ben altri 8 elementi. L’abbandono di Kjartan lo scorso anno (il polistrumentista aveva già saltato il tour di Valtari, facendo intendere che l’addio era imminente) focalizza maggiormente l’attenzione sui tre membri rimanenti. Jon e Georg sfoggiano la giacca nera -stile psicolpolizia- d’ordinanza, mentre Orri sfoggia una ben più abbordabile (e ragionevole, data la temperatura) canottiera nera.
Ovviamente la scena è tutta per quella chitarra rosso bordò, ora accarezzata con gentilezza, ora aggredita con l’archetto, ora suonata con due dita come se fosse un basso. Il marchio di fabbrica di Jonsi è ormai marchio di fabbrica anche di un intero genere musicale, in grado di esprimere suoni estremamente eterei o di imporsi in tutta la sua potenza con distorsioni e grida.
Nella prima parte del concerto dominano i colori singoli. Brennistein, ‘zolfo’, vede il dominio del verde, Isjaki, ‘iceberg’ del bianco e così via. Nel mentre passano immagini oniriche sapientemente studiate per adattarsi alla perfezione ad ogni singolo suono. I due piani visivi su cui si svolge il concerto, quello etereo del grande schermo e quello materiale della band che suona si contendono la scena: da un lato immagini che sposano alla perfezione i suoni, circondate da una cornice di colore che aiuta ancora meglio ad identificare ogni singola canzone come un ricordo visivo, un quadro, piuttosto che un disco. Dall’altro un ensemble di musicisti che si muovono all’unisono scambiandosi di volta in volta ruoli e strumenti, posizione sul palco, cantando o anche semplicemente sedendosi e ridendo pacatamente in un attimo di tranquillità. Tutto questo fa da cornice ad un concerto in cui le canzoni più celebri si alternano ai pezzi del nuovo, particolare album.

Nel procedere verso la seconda parte del concerto, sullo schermo si passa poi dall’avere immagini tendenzialmente ferme ma con inquadrature differenti, ad avere cortometraggi che si ripetono o che, in alcuni casi, interagiscono col palco.
In questa parte viene suonata Svefn-g-englar, ‘i sonnambuli’. Ed è uno dei momenti più alti e belli del concerto. La band si lancia in sperimentazioni e improvvisazioni, Jonsi si esibisce in un lungo solo vocale con acuti cantati ora con la fronte sul microfono, poi sempre più lontano, fino ad urlare direttamente nei pickup della chitarra (con conseguente ovazione del pubblico).
L’esplosione di luci e suoni che segue a questo momento di calma apparente è un momento di una rara bellezza.
Quando poi Jonsi lascia la sua chitarra per imbracciare il basso e suonare Hoppipolla (‘saltare nelle pozzanghere’) forse il più grande successo commerciale del gruppo,è quasi la fine del concerto. La piazza che canta, incurante delle parole in islandese, proprio come se fosse le conoscesse alla perfezione. Ma è proprio questo il bello dei Sigur R�s, le parole, per quanto comunque poetiche, ricche di significato e rimandi all’Islanda, non sono altro che un mezzo, uno strumento in più che suona con tutti gli altri. Un suono in più, proprio come la chitarra o la tastiera.
Alla fine arriva il momento classico dell’Encore, e a � Gær (‘ieri’) segue Popplagið, ‘la canzone pop’, che chiude uno stupendo concerto proprio come chiudeva l’album ‘()’, in un tripudio di applausi quando tutti e 11 ritornano sul palco a ringraziare il pubblico.

C’è poco da dire su questo concerto, questo live report sicuramente non gli rende la dovuta giustizia e probabilmente nessun altro sarebbe in grado di farlo, quindi l’unico suggerimento che mi sento di dare è quello di non lasciarsi sfuggire, per quanto possibile, la possibilità di vederli dal vivo.

Setlist

Yfirborð

Brennisteinn

Gl�s�li

Vaka

�sjaki

Sægl�pur

Olsen Olsen

Svefn-g-englar

Hrafntinna
Var�ð

Hopp�polla

Með Bl�ðnasir

Kveikur

Encore:

� Gær
Popplagið

Live Report a cura di Pucc

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