Dinosaur Pile-Up – Celebrity Mansions

Quarto album in studio per gli inglessissimi Dinosaur Pile-Up, che entrano nel roster dell’etichetta Parlophone Records con Celebrity Mansions. Uscito lo scorso 7 giugno, a quasi quattro anni di distanza da 11:11, che aveva ottenuto ottimi consensi tra il pubblico e la critica, tornano con un disco che da un lato denota un punto di svolta nella maturazione artistica della band e dall’altro mantiene invariata una coerenza nello stile e nell’attitudine che in alcuni casi potrebbe rischiare di arenarsi in un punto fisso di non ritorno. Possibile. Ma proprio di questo loro ne hanno fatto il proprio cavallo di battaglia.

Così, la band di Leeds assembla un disco semplice, ma il giusto per non risultare banale, pieno di carica rock, una buona manciata di energia e tanta forza espressiva. Le dieci tracce che compongono la tracklist sono dunque un concentrato di rock genuino tirato all’osso, di caratura smaccatamente nineties con riffoni di chitarra belli graffianti e sezioni ritmiche veloci,  che si concedono di tanto in tanto un tuffo in acque heavy metal con zampilli pieni di carica esplosiva, come nel singolo estratto “Black Foot” (che però vanta anche un certo innegabile sapore rappeggiante à laLimp Bizkit). Sempre presente la loro caratura punk, che  si insinua a tratti più o meno marcati tra le tracce, sfociando in esiti piacevolmente azzeccati di commistione tra grunge e sonorità più melodiche (“Stupid Heavy Metal Broken Hearted Loser Punk”), o addirittura quasi pop in pieno stile Weezer di qualche anno fa (come nella titletrack e nel pezzo “K West”). Ma il più grande richiamo di questo disco, anche non troppo velato a dire il vero, i Dinosaur Pile-Up lo fanno ai Foo Fighters (la traccia “Black Limousine” è un chiaro eco di “White Limo”) e ciò emerge principalmente in quei pezzi punk macchiati di grunge che sono i più viscerali ed energetici del lotto (come “Pouring Gasoline” o anche “Round the Bend” e “Thrash Metal Cassette”, altro singolo estratto per anticipare l’uscita del disco, che è il risultato di un contrasto antitetico tra ritmi infervoriti stra-tirati e melodie ballabili con tanto di coretti e singalong). Bella la chiusa con “Long Way Down”, scritta dal cantante Matt Bigland dopo la morte del padre, nostalgica ed avvolgente, rappresenta un capitolo quasi a se stante rispetto al resto dell’album  eppure arriva talmente tanto naturale da non cozzare affatto con le altre tracce.

Infine, un disco che non ha nessuna pretesa di voler strafare o lasciare il segno, ma che arriva diretto proprio per la sua semplicità, senza troppa retorica, ritraendo una band che si trova a fare i conti con la fama e l’incedere dell’età adulta. Il titolo allude proprio a quei momenti in cui un artista si chiede quale sia il prezzo da pagare per il successo, una fase di crisi momentanea che investe chiunque si trovi sotto i riflettori e che talvolta capita proprio quando si è in tour, come è capitato a loro.

Non toccando punte altissime, restano sempre sulla cresta dell’onda senza però mai perdere un briciolo di credibilità. E questo, a conti fatti, spesso vale molto di più di tutto il resto.

 

Tracklist:

 

  1. Thrash Metal Cassette
  2. Back Foot
  3. Stupid Heavy Metal Broken Hearted Loser Punk
  4. Celebrity Mansions
  5. Round The Bend
  6. Pouring Gasoline
  7. Black Limousine
  8. K West
  9. Professional Freak
  10. Long Way Down

 

A cura di: Francesca Mastracci

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