Deflore – Spectrum: Epicentre

I DEFLORE sono una vecchia conoscenza e una delle poche certezze in cui ci piace crogiolarci, cullati a colpi di un esplosivo mix fra suoni elettronici, distorsione caustica e noise d’elevata caratura.
Atmosfere industriali e suoni taglienti vanno a formare un sound che loro stessi definiscono Human Indu[b]strial.
Sono in due ma non hanno bisogno di componenti aggiuntivi, il rumore prodotto basta a coprire il suono di una città nell’ora di punta.
Christian Ceccarelli con Emiliano Di Lodovico hanno iniziato nel 2000, oggi dopo tre dischi sono prodotti dalla Subsound Records.
Spectrum: Epicentre è il loro nuovo lavoro fato di atmosfere pesanti ma in continuo divenire, quasi cinematico oseremmo dire (BETONIERA).

Dopo aver frullato per bene, e a lungo Ministry, Ulver, Unsane, Neurosis, Amon Tobin, Scorn, Massive Attack, Killing Joke, Bohren Ozric Tentacles con gli album Human Indu(B)strial (2004), Egodrive (2008) e 2 Degrees Of Separation (2010), oggi pubblicano cinque tracce che non tradiscono le aspettative riposte e già ampiamente ripagate dai primi tre lavori.
Sebbene vengano incasellati dentro gli anfratti del metallo, i nostri offrono un industrial oscuro e denso, ma non per questo gelido.

Epicentre dovrebbe essere il primo tassello della trilogia Spectrum, un concentrato che ha dalla sua anche la scelta di mantenere un minutaggio molto ridotto. Non sappiamo se questo sia stato imposto dalla necessità o se abbiano seguito la legge del less is more. Quello che conta è che, a differenza di molto artisti prolissi ma che hanno ben poco da dire, i ragazzi hanno le idee chiare mettendo sul mercato un disco il cui sound che ci, e li, soddisfa.
In questa mezz’ora di sfregiate metal, si muovono come cingolati fondendo azioni umane attraverso gli innesti delle macchine.
Deflore è una sorta di organismo semicibernetico che poche volte si concede il lusso del canto, anch’esso trasfigurato dagli effetti. Le ritmiche suadenti non sono mai eccessivamente elevate (Rare / Fracto Phase I), sanno come muovere il timone in modo da non produrre grandi accelerazioni ma sfruttano la profondità delle cinghiate inferte ispessendone il suono con tutti gli aggeggi necessari. È qui che, inevitabilmente, entrano in campo una serie di effetti che si ritagliano un angolo molto ampio e importante per la riuscita del quadro finale. Apollo ne è una lampante rappresentazione, oscuro e misterioso, ma allo stesso tempo imponente e ipnotico, spinge sulla sezione ritmica con stacchi rallentati e ripartenze che si troncano di botto lasciando solo la necessità di spingere ancora il tasto play.

Non serve altro per convincervi, vero?

 

Tracklist:

1. Mastica/Me

2. Betoniera

3. Apollo

4. Rare/Fracto Phase I

5. King Deaf

6. Treesong

 

A cura di: Vulver

7.3

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