Dubioza Kolektiv – #fakenews

Una partenza col botto per il nono album in studio del gruppo musicale bosniaco Dubioza Kolektiv.

I Prodigy in gita ai Balcani che abbracciano i richiami della sirena gipsy senza lasciare andare le atmosfere elettroniche cariche di energia. Anzi, se possibile, spostandone il limite ancora un po’ più su.

Meltin Pot artistico, culturale, sonoro, questo sono sempre stati e hanno sempre significato i dischi del progetto musicale meno definibile dell’europa dell’est e questo si riconferma essere anche #fakenews, ultima fatica della formazione balcanica.

Tale contaminazione musicale, ma non solo, deriva certamente in primis dal dna artistico della band, ma anche dalle tante e variegate collaborazioni che quest’ultimo lavoro annovera: Manu Chaoin apertura, il cui nome da solo descrive l’universo di note, politica e simboli che il suo essere racchiude, Earl Sixteen, con tutto il suo portato reggae mescolato a dub ed elettronica, i Soviet Supremche impreziosiscono con il loro rap francese la traccia Minimaldel disco, e ancora i Los de Abajo in un incontro scontro con tutta la loro latinità messicana in Hoy Marijuana, traccia 4 del disco, che per non farsi mancare nulla risulta ulteriormente arricchita da sirene vagamente dancehall decisamente accattivanti.

Ma la vera ciliegina sulla torta dei featuring dei quali è infarcito #fakenewsè certamente il Robot Umanoide Robby Megabyte, nato dal duro lavoro di un’equipe di studenti della Bosnia e Herzegovina Futures Foundation e della Facoltà di Ingegneria Elettronica dell’Università di Sarajevo.

Emblema dell’incontro tra presente e futuro, proprio all’interno del disco dei Dubioza Kolektiv “Robby” diventa la dimostrazione naturale che se qualcosa c’è di cui aver paura per il nostro avvenire non sono certo le macchine, trattate come enti a sé stanti capaci di portarci via lavoro e vita per come li conosciamo, bensì il sistema di potere e politico che, grazie ad un universo di disinformazione sapientemente utilizzata, ci svia dai veri problemi nei quali l’umanità del terzo millennio si muove.

E la scossa finale, a mo’ di sveglia che il gruppo vuole darci proprio per far sì che apriamo gli occhi su questa nostra realtà, arriva alla traccia 8 del disco, senza mezzi termini; si concludono le collaborazioni, prendono il sopravvento parole forti e un titolo altrettanto esplicito, Dumb, con tutta la volontà di farci capire le cose come stanno.

Un’opera ricca, dai pezzi forti, nel loro significato quanto nelle loro note, dal ritmo incalzante che non accenna a diminuire mai, dall’amore per la sperimentazione, per superare i confini, in primis quelli che noi stessi ci poniamo, delle definizioni, del “si fa così”. E nello stesso tempo un’opera divertente, travolgente, dalla quale farsi prendere, capace di dare tutto un nuovo senso al claim di alcuni famosi giocattoli anni ‘80, che forse non pensavamo avrebbe mai più avuto applicazione dopo quell’epoca, mentre “imparare divertendosi”, lo dobbiamo dire, forse ha ancora dalla sua degli instancabili paladini.

 

Tracklist:

  1. Cross The Line
  2. Space Song
  3. Minimal
  4. Hoy Marijuana
  5. Take My Job Away
  6. Don’t Stop
  7. French Song
  8. Dumb
  9. Wild Wild East

 

A cura di: Daniela Raffaldi

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