Nick Cave & Warren Ellis – Carnage

Brutale come una carezza sul volto di chi ha ormai esaurito tutte le lacrime. Massacrante come uno squarcio di delicatezza e potenza che giunge in risposta a richieste d’aiuto mai formulate. Questo è Carnage, ultimo inatteso disco del cantautore con le mani e il cuore tinti di inchiostro, Mr King Ink Nick Cave.

Uscito a sorpresa lo scorso 25 febbraio (esclusivamente in versione digitale; il formato compact e il vinile saranno distribuiti a fine maggio), il disco si fa portavoce della catastrofe collettiva che ha inghiottito le nostre vite e racconta il periodo alienante che abbiamo vissuto durante il lockdown (e che stiamo ancora vivendo) utilizzando un immaginario al tempo stesso immediato eppure squisitamente sublimato dal simbolismo caviano.

Otto tracce registrate tutte in poco più di due settimane assieme allo storico collaboratore, nonché anima dei Bad Seeds, il polistrumentista Warren Ellis. Nonostante i due avessero già lavorato insieme senza il resto della band, si era trattato principalmente di canzonamenti per colonne sonore e mai prima di questo momento i due si erano trovati in studio per confezionare un disco di inediti che portasse esclusivamente il loro nome.

Riprendendo le redini dall’ultimo disco del 2019, Ghosteen, il cantautore australiano lascia che le sue parole si avvolgano e a loro volta vengano avvolte da melodie quasi trascendentali, intense,  che oscillano tra tappeti di pulsazioni eteree e detonazioni sintetiche che si rincorrono in sezioni elettroniche cupe ed ossessive. Ed è proprio su queste note che si apre “Hand of God”, traccia opener che inaugura in maniera impeccabile uno dei leit motifche pervadono il disco intero: la ricerca di quel regno dei cieli che sembra ormai essersi dissolto dietro la mano di un dio che si è abbattuta sull’umanità scombinandone i piani (“the kingdom in the sky” tornerà fra le righe sia in “Lavender Fields” e “White Elephant”). Il personalissimo modo che ha il cantautore australiano di approcciarsi al simbolismo religioso torna ad essere applicato alla descrizione di immagini desunte dagli scenari quotidiani dei nostri giorni in lockdown, tra incertezze ed isolamento, disperazione e bisogno di speranza, tra la vita vissuta sui balconi (raffinatamente narrata in “Balcony Man”, dove a mio avviso viene citata una frase che può essere benissimo considerata il manifesto di questo specifico periodo storico: “what doesn’t kill you just makes you crazier”), aspettando di poter tornare a percorrere sentieri battuti tra campi di lavanda (“Shattered Ground”, “Lavender Fields”).

Spesso coadiuvato da suggestivi cori gospel o da struggenti archi spezzati da squarci di synth, il crooning di Cave riesce a farsi voce narrante di alcuni dei fatti di cronaca che sono accaduti nei mesi passati. Come quando in “White Elephant” cita “a protester kneels on the neck of a statue/ The statue says ‘I can’t breathe’/ The protester says ‘Now you know how it feels’/ And he kicks it into the sea”, con riferimento alle rivolte di protesta per l’uccisione dell’afroamericano George Floyd lo scorso 25 maggio. Una menzione particolare va fatta anche alla ballata dal sapore agrodolce “Albuquerque”, un misto fra un’amara rassegnazione riguardo l’impossibilità di vivere la vita come eravamo abituati a fare e il desiderio di tenersi uniti alla speranza che la Bellezza tout courtpossa non morire mai (“We won’t get to anywhere, darling/ Anytime this year/ We won’t get to anywhere, darling/ Unless I dream you there”).

Infine, “Carnage” il pezzo che dona il nome al disco ed è un sunto di tutte le sensazioni che esso esprime. Dolcezza, paura, smarrimento, empatia, rarefazione, brutalità, solitudine, perdita, bisogno di stabilire connessioni, fragilità, forza. E mentre scorrono le note, scendono lacrime calde. E tutto quello che si vorrebbe dire ancora una volta a Re Inchiostro è un rinnovato ed incommensurabile grazie dal profondo del cuore.

Tracklist:

  1. Hand of God
  2. Old Time
  3. Carnage
  4. White Elephant
  5. Albuquerque
  6. Lavender Fields
  7. Shattered Ground
  8. Balcony Man

 

A cura di: Francesca Mastracci

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