Live Report Gov’t Mule

Gov’t Mule Live @ Alcatraz (Milano)

20 – 05 – 2015

I Gov’t Mule sono una di quelle band che riescono a muoversi agevolmente al di fuori dei canoni dell’industria musicale. Il loro passaggio dalle nostre parti è accompagnato solo da qualche distratto accenno sui media che potremmo definire di massa. Insomma, di sicuro non una band di grido. E’ per questo che, ad uno dei loro live non sai mai se ti ritroverai in mezzo a una trentina di duri e puri o tra una folla estasiata. Come sempre, la seconda ipotesi finisce con il verificarsi come quella più realistica. Alcatraz (aperto per metà) strapieno per il passaggio del 20 Years Strong Tour.

A caratterizzare il live di Warren Haynes e compagni, tra le altre cose, c’è l’effetto sorpresa. Le setlist vengono infatti completamente stravolte ogni sera ed una parte significativa del concerto è imperniata su di un numero abbondante di cover (sempre diverse anche queste). Non è un’eresia affermare che i “muli” si siano ormai lasciati alle spalle l’etichetta fin troppo limitata di band southern rock, sebbene in molti continuino a definirli così. Lo show è infatti ricco di molteplici sonorità. La verve globale pesantemente avvertita in The Dub Side of The Mule si fa sentire con una manciata di esplorazioni nel reggae e, appunto, nel dub. Non mancano poi il jazz, il country e il blues. La band è in forma smagliante, fatta com’è di veri e propri fenomeni. Il podio di prim’attore va però, chiaramente, a Warren Haynes e alle sue svariate chitarre. Il musicista di Asheville non perde un colpo, mai monotono, mai ripetitivo, sempre coinvolgente ed emozionante.

I brani con marchio Gov’t Mule vengono rielaborati e spesso arricchiti da citazioni. E’ il caso di Sco-Mule, al cui interno prendono vita Oye Como Va e l’assolo granitico di Smoke On The Water, o di Unring The Bell, inframezzata con Get Up Stand Up di Bob Marley. I tributi sono quindi numerosi. Su tutti spicca una commovente The Thrill is Gone (di Roy Hawkins ma suonata in memoria di BB King, recentemente scomparso). Difficile estrapolare uno o due momenti memorabili, anche se la chiusura del set principale con Soulshine e Tupelo Honey di Van Morrison a intrecciarsi si candida a gioiello della serata. A chiudere definitivamente lo show, poi, un’esplosiva 30 Days in a Hole degli Humble Pie e la jam session su Look on Yonder Wall con Fabio Treves e Fabio Drusin alle armoniche.

La serata dell’Alcatraz ha finito con il restituirci la certezza che, in giro, c’è ancora una moltitudine di persone appassionate. Che stiano sopra o sotto un palco poco importa. Ci sono ancora artisti che riescono a declinare la musica sulle note del sentimento e dell’emozione. C’è, almeno, una band de rivedere un numero infinito di volte, senza che la precedente sia mai uguale alla successiva.

A cura di Captain Eloi

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