Mico Argirò – Vorrei che morissi d’arte

Il nuovo disco di Mico Argirò, musicista cilentano dalla lunga gavetta passata tra teatro e musica popolare, è un lavoro semplice, che viene dalla tradizione del cantautorato e dalle contaminazioni culturali. Un disco che racconta di esperienze, di luoghi, di persone. Un disco che presenta un titolo che è allo stesso tempo un augurio e una minaccia! Un disco che richiama nomi importanti della nostra musica!

Un disco che non mi è piaciuto! Purtroppo! Semplice si, ma troppo. Che trova la sua natura nel cantautorato, ma che da li non riesce ad evolversi verso nessuna nuova direzione. Un disco che aspira all’arte, ma che forse non l’ha saputa raccogliere del tutto. Le citazioni importanti si sentono, ma non producono un risultato veramente personale e sufficientemente identificativo.
Pop decadente, figlio di questi anni, a tratti melenso e monocorde, privo di illuminazioni in grado di catturare la mia attenzione praticamente dall’inizio alla fine. Chiariamo subito, il disco è ben suonato e le cose interessanti e degne di nota da un punto di vista qualitativo certamente non mancano. La stoffa insomma c’è, i margini anche e la base da cui ripartire è solida. Decisamente è mancato un risultato finale convincente. “Vorrei che morissi d’arte”, traccia d’apertura e che da nome all’intero lavoro, passa troppo inosservata sotto i miei occhi, non riuscendo a lasciare il segno che avrei sperato. Decisamente più interessante la traccia successiva “Figlio di nessuno”. Più morbida, più personale, delicata, intima. La voce monocorde dell’annuncio dei treni segna invece l’inizio di “Saltare”, canzone numero 3, un pezzo che trova la sua maggiore personalizzazione proprio nel ripetersi di questa trovata nell’arco di tutta la traccia. Ne personalizza il racconto, l’atmosfera e ci permette di capire la storia che ci vuole narrare. Davvero una bella canzone. Il risultato finale rimane non del tutto convincente, ma il livello decisamente si eleva. Arriviamo a “Money”, traccia numero 4, quando all’improvviso, al minuto 2’06”, parte la citazione alla omonima canzone dei Pink Floyd. Sono sincero, non l’ho capita granchè sta cosa e gradita meno che meno! Se ne poteva anche fare a meno! Capitolo 5, “Chissà se tornerà”. La storia cambia di nuovo. Rumori di strada avvolgono la bella voce di Mico che risulta accarezzare delicatamente una canzone davvero bellissima. Nulla da dire, solo da ascoltare e riascoltare. “Il polacco”, traccia successiva, ci riporta ad un pop più radiofonico e di sicura presa. Non a caso la canzone è accompagnata anche da un videoclip.

L’ultima traccia, “Lo Scacchista”, ci riporta invece ad atmosfere più posate, intime, dolci, per un finale che senza dubbio ci garantisce che la stoffa per fare di meglio ce n’è sicuro.

01. Vorrei che morissi d’arte
02. Figlio di nessuno
03. Saltare
04. Money
05. Chissà se tornerà
06. Il polacco
07. Lo scacchista

a cura di: Simone Grazzi

5.0

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