DAP – Resonances

Evocativo, melodico, ricercato, ma decisamente fruibile. Stiamo parlando di DAP (Andrea D’Apolito) e del suo primo album, Resonances, presentato l’11 ottobre scorso a L’Asino che vola di Roma. Nato nel 1984 a Pisa, naturalizzato romano, DAP è un cantautore eclettico, giovane, dalla bella voce e dalla chitarra “fantasiosa”, che dopo vari anni passati a fare musica sui palchi della capitale ci regala finalmente il suo primo lavoro in studio.

Con i suoi otto brani Resonances è un prodotto di buona qualità e di piacevole ascolto, fatto da musicisti che conoscono bene il loro mestiere, in cui si nota una certa ricerca stilistica. La formazione vede Antonio Marianella alla batteria, Toto Giornelli al basso -al fianco del cantautore sin dagli esordi- e alla chitarra elettrica Claudio Toldonato, che col suo tocco impreziosisce le già preziose chitarre acustiche di DAP. Molti i featuring, mentre il produttore artistico è Daniele Sinigallia.
Le ballad dal sapore nordico e dalle atmosfere eteree (Crossroads, Come when I call, Indipendence Day) si alternano a pezzi con bel groove, twang da vendere e chitarre slappy veramente interessanti (Eye for an Eye, Stand back). Il risultato è un disco fresco, che incuriosisce e che chiama all’ascolto. Unica carenza: a tratti, o più che tratti in alcuni brani, sembra peccare di una certa impersonalità che rischia di scadere nella scontatezza del “già sentito”. Tuttavia, nonostante i pezzi siano tutti di matrice ritmica e strutturale molto simile, è da notare come le diverse soluzioni adottate diano ad ognuno di essi un’atmosfera diversa, e questa è una nota di merito. Come anticipato sono belle e molto presenti le chitarre, anche se a volte un po’ ripetitive, ma alla fin fine stiamo parlando di folk-pop, e fa pienamente parte del genere. Ciliegina sulla torta gli interventi di voce femminile in Stromboli e Not Again, interventi che impreziosiscono il tutto e, specialmente nell’intro di quest’ultima, evocano quelle sensazioni che un folk autentico dovrebbe evocare.

Belli gli arrangiamenti, bella la scelta strumentale e bella la resa finale, nei prossimi lavori ci si potrebbe concentrare giusto un po’ di più sull’eterogeneità, sia all’interno dei singoli pezzi, che rischiano di poter risultare leggermente piatti, sia tra i pezzi stessi, a volte troppo simili tra loro. Per essere un primo disco, comunque, risultato ottimo. Raccomandato l’ascolto.

01. Crossroads
02. Eye for an eye
03. Stromboli
04. Stand Back
05. Come when I call
06. Independence Day
07. Not Again
08. Pearl

Recensione a cura di: Davide Contu

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