FFS – FFS

I fan di entrambe le band lo sapranno già benissimo, per tutti gli altri ci sono qua io: FFS è un acronimo che sta per “Franz Ferdinand Sparks”. Suppongo che anche il titolo dell’album, “FFS”, stia a significare la stessa cosa, ma secondo Urban Dictionary potrebbe anche significare “For Fucks Sake”, che è un po’ anche quello che ho pensato io quando ho finito di ascoltarlo. Il disco comunque è esattamente quello che ci si potrebbe aspettare da un disco dei Franz Ferdinand featuring gli Sparks, cioè un piglio teatrale/glam sopra i consueti 4/4 incalzanti.

Non so precisamente quale epifania e di chi abbia portato a questa collaborazione tra la cricca di Kapranos e i fratelli Mael, ma il risultato non sembra essere particolarmente trascendentale. Le sonorità, come già detto, sembrano studiate per musicare delle scene piuttosto che per costituire canzoni a se stanti, i testi sono particolarmente disimpegnati fino a raggiungere la totale inconsistenza.
Come ci si potrebbe aspettare da due band che hanno insieme circa 50 anni di esperienza, il disco risulta ben costruito, ma questo è anche l’unico aspetto positivo di un lavoro che annovera nella sua playlist pezzi come “Dictators sons” o “So desu ne”, una sorta di polpettone in salsa di soia formato da brandelli di cultura (stereotipi) giapponese mescolati a casaccio.
Certo, non ci si può aspettare dai Franz Ferdinand un disco particolarmente impegnato, non è nelle corde della band, ma quella frescata di novità musicale che portarono 10 anni or sono sembra ormai (lo sembra da un po’ a dire il vero) completamente naufragata dietro alle logiche commerciali che portano a rimanere legati ad uno stile fino ad eliminare ogni singola possibilità di movimento e innovazione.
Poi mi spiace per gli Sparks ma al di là del nome non li conosco proprio, magari invece per loro è stato l’album della svolta.

Temo si possa parlare di un’altra collaborazione tendenzialmente fine a se stessa e destinata a rimanere un’apostrofo nero tra le parole ‘carriera’ e ‘finita’, un po’ come i Metallica con Lou Reed (pace all’anima sua), ma senza neanche la risonanza mediatica dei due nomi a far si che ci se ne ricordi come di “quella volta che i Metallica fecero un disco con Lou Reed, che pezza!”

01. Johnny Delusional
02. Call girl
03. Dictators son
04. Little guy from the suburbs
05. Police encounters
06. Save me from myself
07. So desu ne
08. The man without a tan
09. Things I won’t get
10. The power couple
11. Collaborations don’t work
12. Piss off

Recensione a cura di: Pucc

3.0

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