Dinelli – Maelström

DINELLI- MAELSTRÖM

Recensione a cura di Davide Capuano

Maelström, ossia il termine di stampo nord-europeo che descrive quel fenomeno naturale per cui l’eccessiva pressione di correnti acquatiche favorisce la creazione di vortici che risucchiano ciò che riescono ad attrarre a sé. Il Maelström di Dinelli, ex voce e simbolo dell’hardcore punk toscano con i Seed’n’Feed, rappresenta quello che lui stesso definisce “il vortice in cui mi sono perso per ritrovare i pensieri più profondi racchiusi in me stesso. Un concentrarsi di riflessioni molto personali e intime, un vero e proprio gorgo di pensieri”, affrontato con fierezza fino ad attraversarlo imbracciando la sua fedele chitarra acustica. Alla sua terza uscita solista, il cantautore toscano ritorna ai suoi slanci autoriali di stampo indie-folk, rielaborandoli in una chiave più intimista, scrutando dentro di sé e raccontando tristezze, malinconie e rimpianti. Non è un ascolto upbeat di sicuro, anzi, per Dinelli si tratta di un “disco lento per orecchie stanche”, un processo che lui stesso descrive come una profonda autoanalisi, essenziale nella sua lenta discesa verso il proprio sé, cinica e al contempo struggente nella sua narrazione.

Così sulle note di Qualcosa di Grande Dinelli introduce il suo personalissimo vortice, che nel suo pessimismo denota uno slancio di serena accettazione (“È l’innesto tra i sogni, il desiderio e il sentimento che a volte ci inganna e fa vedere solo il lato migliore delle cose. […]. / Ma il dolore contiene la chiave per guarire, l’eterna occasione per fiorire, alla morte l’antidoto migliore / E perciò oggi io mi sento grato per tutto quello che ho vissuto / Decido di non volere più, capire, ciò che non si può spiegare, annullo la rabbia dentro al cuore, accetto la fine delle cose”). Nei testi di Maelström si cela il lato più profondo dell’album, ora volti a riflessioni esistenziali, ora riferiti ad episodi sentimentali interpretati con una narrazione che si muove sulla superficie delle cose, pur rimanendo profondamente lirica, come nella commovente Claudia.

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Voce e chitarra, accompagnate da arrangiamenti che non travalicano la struttura semplice delle composizioni di Lorenzo Dinelli, avventurandosi in territori dal sapore desert nell’omonima Maelström o nella breve ma suggestiva Vento di Ossidiana, due tra i passaggi più particolareggiati dell’album, che nel suo essere a tratti monotono riesce comunque a regalare momenti di forte suggestione come strumentale Frieden. La chiusura dell’album è lasciata a Splendide creature, ballad dai toni commoventi in cui l’autore chiosa esponendo tutte le sue debolezze, ma guardando alla bellezza di chi lo circonda con gratitudine e riconoscenza (“E se a volte sbatto ed urlo è la paura di fallire / Comprensibili timori in un mondo che va male / Ma è l’eredità che porto / Questo stupido senso di colpa /Ogni giorno mi insegnate che non c’è niente da temere”). Essere risucchiati nel proprio stesso vortice, percorrerlo ed osservarlo sapendo che è parte di sé ed avere la sensibilità di portarlo per tutte le orecchie stanche che cercano una vicinanza emotiva: il viaggio nel Maelström di Danelli è doloroso, ma lenitivo, e nella sua lentezza si può trovare tutto il tempo e lo spazio per coglierne le sfumature più emotive.

TRACKLIST

  1. Qualcosa di grande
  2. Casi umani
  3. Claudia
  4. Maelström
  5. Ricordati di me
  6. Vento di Ossidiana
  7. Vicini e lontani
  8. Frieden
  9. Trasforma
  10. Splendide creature

 

VOTO: 6,5

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